martedì 30 aprile 2013

Ventiquattro ore prima


Erano appena passate le quattro di un pomeriggio di primo autunno.
Sandra, la domestica, si staccò dalla finestra della cucina che dava sul lago con le labbra serrate; da mezzogiorno, era già la quindicesima o ventesima volta. Questa volta, mentre veniva via, disfece e riannodò distrattamente le stringhe del grembiule.

Una scena tranquilla, o almeno in apparenza. Ma per far capire cosa intendo, occorre partire dal momento in cui tutto ha avuto davvero inizio; circa ventiquattro ore prima. Che potrebbe sembrare poco, ma in realtà é tantissimo tempo, un'eternitá quasi.
Sandra ricordava ogni particolare di quel giorno, fin troppo bene. Era mercoledì notte, saranno state le undici. Fuori faceva freddo e il negozio dietro casa sua aveva appena chiuso. Indossava un abito rosso con le balze che arrivavano fino sotto al ginocchio. Sopra portava un cappotto nero che risaltava la forma esile e le sue curve pronunciate; le gambe, coperte solo da un paio di collant color carne, erano slanciate da un paio di ballerine nere. Se c'era una cosa che Sandra odiava erano i tacchi; non li indossava mai, nemmeno in occasioni speciali. Non poteva sopportare quel vestito, si sentiva come un cagnolino col collare troppo stretto. E per di più si era dimenticata di tagliare l'etichetta, e quindi la schiena era pervasa da un prurito perpetuo che ogni tanto la faceva agitare. Ma ormai era uscita di casa così, era tardi, e non aveva intenzione di tornare indietro per cambiarsi. E poi in quel momento quello non era il problema di maggior rilevanza. 
Ancora si chiedeva come Giuseppe avesse fatto a scoprire la verità. Quelle foto sparse sul tavolo, in ordine confuso, che immortalavano il momento in cui lei, forse per provare qualcosa di nuovo, si era lasciata andare con Franco, il cartolaio. Ma non nel senso lussurioso del termine, diciamo che a Sandra piaceva sballarsi, ma con la droga. E, vista la sua posizione sociale guadagnata con così tanto sudore, una notizia del genere l'avrebbe rovinata.
Il vento le scompigliava i capelli d'oro che le coprivano leggermente gli occhi, impedendole di vedere la strada; ma sapeva di essere arrivata: numero 4 di Evergreen Terrace. Maledetto indirizzo. Il cancelletto era aperto, ma la porta dell'abitazione era chiusa a doppia manata; peccato che Sandra tenesse un mazzo di chiavi duplicate in tasca. Allora la relazione avuta insieme non era stata poi così inutile. Aprì la porta cercando di non fare troppo rumore. Si tolse le scarpe e le nascose in un angolo della sua borsa. Poi si fece luce col cellulare e iniziò a cercare nei cassetti del salotto. Faceva piuttosto freddo. I mobili erano logori e le foto erano abbastanza tristi. Nella stanza regnava un forte odore di muffa. Il pavimento era scivoloso e la legna del camino era stata spenta da poco. Il tavolo era di cristallo e sopra vi era un centrino ricamato a mano. Cercò sotto i divani, dietro i quadri, sotto il tappeto: niente. Poi trovò la sua valigetta: bingo. Le foto erano infilate in una busta bianca; si sentiva un' esperta dilettante mentre frugava tra la sua roba. Mentre se ne stava andando sentì dei passi dal piano superiore: probabilmente Giuseppe si era svegliato ed era sceso dal letto; doveva sbrigarsi.

E così ora, a distanza di ventiquattro ore, Sandra era lì, mentre si aggiustava nervosamente il grembiule e guardava verso il cortile. L'erba era appena stata tagliata e la siepe era stata rifinita e spuntata dal giardiniere. Le foglie degli alberi stavano diventando gialle e arancioni, e stavano cominciando a cadere. Dei fiori che in primavera ricoprivano il prato ora non vi era più traccia. Nella testa di Sandra solo il momento in cui Giuseppe l'aveva scoperta, l'aveva aggredita e lei lo aveva spinto contro la mensola; e poi l'immagine di quell'enorme macchia di sangue. Con l'auto aveva spostato il cadavere e l'aveva posizionato tra i cespugli, accanto al laghetto della casa in cui lavorava. Ora aspettava solo la notte per gettare il corpo nell'acqua.
Le tenebre cominciavano a calare e ormai era arrivata l'ora. Sandra uscì di casa e si avvicinò al luogo prescelto. Frugò tra l'erba, invano; il cadavere non c'era più. In preda al panico, indietreggiò; peccato che, girandosi, vide di fronte a lei ciò che sembrava essere impossibile.

[...]

Andrea, annoiato, spense il televisore. Ormai era tardi e quei genere di film non gli erano mai piaciuti.

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