Questa volta, mentre veniva via, disfece e riannodò distrattamente le stringhe del grembiule. Era sporco. Sporco di rosso. Rosso sangue. Sandra, però, era calma e non aveva paura di essere scoperta. Andò nella camera da letto, per fortuna era al piano terra, non avrebbe fatto fatica a spostare il cadavere.
Lo trascinò e lo mise nella botola che c'era nella cantina. Poi rimase per alcuni minuti in contemplazione del suo lavoro, fatto con cura, come solo una domestica sa fare. Si tolse grembiule e guanti e li mise nella botola che poi chiuse accuratamente. Quella sera tornò a casa, si cambiò, si stese sul letto e pensò a quello che aveva fatto. Non si sentiva in colpa: Lucia era la sua datrice di lavoro da circa vent'anni;con lei era sempre stata cattiva e insensibile. Cosí, quella sera, aspettò che tornasse a casa e quando fu a letto l'accoltellò.
Due giorni dopo il delitto venne denunciata la scomparsa di Lucia da un anonimo, e cosí tutta la nazione venne a conoscenza del fatto. Sandra adesso si sentiva in pericolo perché sapeva che, perlustrando la casa, avrebbero trovato le tracce di sangue e il cadavere. Cosí partí: infilò nella valigia l'essenziale e con la macchina partí per la sua baita di montagna. Quando arrivò non fece altro che seguire il telegiornale a tutte le ore e, quando dopo 17 giorni trovarono le sue impronte sul grembiule assieme al cadavere, capí che ormai era in trappola, come un topo di fronte a un gatto pronto a spiccare il balzo per acchiapparlo. Prese lo zaino che teneva nell'armadio e si incamminò per un sentiero a caso. Dopo qualche ora di cammino sentí dei passi in lontananza, abbassò la visiera del cappello e andò avanti; i passi si avvicinavano sempre di piú, ma alla fine erano soltanto due signori che andavano a funghi. Verso le 19 di sera cominciò a fare buio: si fermò e ascoltò attentamente i rumori del bosco: era certa che sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbe sentiti. Di nuovo sentí dei passi, questa volta sapeva che era quella giusta: cominciò a correre, lasciò scivolare dalle spalle lo zaino: corse piú veloce che poteva. Inciampò. Si ruppe i jeans e si graffiò il ginocchio, sentiva sempre piú vicini i poliziotti che l'avrebbero presa, percepiva il fiuto dei cani sul collo. Cadde una seconda volta. Fu l'ultima:arrivarono. Si sporcò tutto il viso di terra. Lei tentò di rialzarsi, ma i piedi scivolavano sul terreno come se fosse stata su degli specchi. Quando la polizia arrivò, l'ammanettarono e lei incredula li seguí fino alla jeep. Arrivati alla centrale, seguí un lungo interrogatorio di otto ore. Sandra, la domestica, per otto ore consecutive stette muta, zitta. Questa trafila delle otto ore andò avanti giorni e giorni: tutte le mattine veniva presa e portata nella stanza dell'interrogatorio, e, dopo le otto ore passate nel silenzio piú totale, veniva riportata nella cella fino alla mattina dopo. Fino a quando, una delle tante mattine, Sandra morí nella sua cella, la numero 847: d'infarto. Cosí lei morí, portandosi a presso il suo segreto.
Mi piace tantissimo dalcyyyy
RispondiEliminaGrazie mille Livia!:)
RispondiEliminacura, come
RispondiEliminaCosí, quella sera, aspettò
che, perlustrando la casa, avrebbero
traccie > tracce
rialzarsi, ma
centrale, seguí
Attenta:come un topo,come se fosse sono similitudini, non metafore!
Corretta la punteggiatura!
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