martedì 30 aprile 2013

Messaggio dal Nilo.


Un uomo stava ritto sulla riva, appoggiato al fusto d'una giovane palma...
Ai suoi piedi, una donna inginocchiata sulla sabbia scottante, dai corti capelli d’un biondo così luminoso da apparire quasi bianco, esaminava le acque con i suoi giganteschi occhi grigi, fermi, eppure colmi di disperazione. 

-Già...- Concluse all'improvviso, quasi in un sospiro, il giovane dai capelli dorati, ponendo fine al silenzio che aveva regnato sino a quell'istante e come traducendo, ad alta voce, i pensieri della sua compagna -...manca terribilmente.

Correva l’anno 1814 e l’Egitto era oramai, da circa un decennio, sottoposto al giogo del viceré Mehmet Ali. Le città erano cadute preda del pericoloso esercito mamelucco, i deserti costantemente pattugliati da truppe apparentemente immuni agli opprimenti morsi della fame e della sete e, gli stranieri, sebbene fossero  di passaggio, venivano decisamente guardati tutt’altro che di buon occhio in quelle terre selvagge, in cui si diffondeva aria di rivolta.

Cosa avrebbe mai potuto avere a che fare, dunque, con quelle zone, teatro spargimenti di sangue e culla di giustizieri, un uomo come Sir Jonathan Winston, rampollo d’una nobile famiglia neozelandese con un enorme patrimonio alle spalle?

Era la medesima domanda che si poneva, puntualmente anche sua zia Mildred. Ed era con altrettanta regolarità che, oramai, da due anni a quella parte, la donna tentava con ogni mezzo di dissuaderlo dal mettersi in viaggio, ogni volta che si avvicinava il 10 Aprile.
Eppure, Jonathan, non voleva sentire ragioni... 

- Devo andare, zia..- Rispondeva serio, mentre qualche piccola ruga d’espressione si delineava sul suo viso di venticinquenne.  

Quale motivo lo spingesse a ritornare, anno dopo anno, in Egitto, ad ascoltare il quieto sciabordio del Nilo, era facile quanto doloroso a dirsi: in quelle acque, perennemente agitate da un calmo tumulto era annegato il più caro amico di Sir Jonathan due anni prima; il giovane Sir Stuart Ferguson, gettatosi nel fiume per salvare la fidanzata, precipitata dal battello durante una crociera.
L’immenso dolore per quella perdita aveva colpito Jonathan come un fiume in piena.

 Proprio per questo motivo, il giovane aveva perso interesse per qualsiasi tipo di attività: dai circoli di cricket che sempre aveva frequentato, sino al suo sogno di diventare scrittore. Nulla, era più in grado di interessarlo, dopo quel tragico evento. Il taccuino su cui prima, Jonathan annotava storie sempre nuove, create dalla sua fervida immaginazione, occupava, ormai da tempo, un posto sicuro nella tasca della sua giacca leggera color sabbia.

Allo stesso modo, l’appena diciannovenne Astrid, sorella minore di Jonathan e fidanzata di Stuart, da tempo veniva torturata dal senso di colpa nei confronti della tragedia accaduta al suo giovane amato. Soltanto una prospettiva era in grado di consolare i due fratelli: la  consapevolezza che, ogni qual volta fosse ricorso l’anniversario della morte di Stuart, i due si sarebbero recati di nuovo sulle sponde di quello stesso fiume in cui era affogato, speranzosi nella possibilità che, prima o poi, qualcosa di straordinario sarebbe finalmente accaduto.

Eppure...

Eppure, non diversamente dagli anni precedenti, anche quella volta, il sole stava per tramontare sopra la giornata del 10 di Aprile, senza che nulla di importante fosse accaduto. Per ore, senza darsi pace, Jonathan e Astrid avevano percorso le sponde del fiume in ogni punto, interrompendo la ricerca soltanto per concedersi un veloce pranzo presso l’abitazione del giovane Mackja.
Rimasto orfano di entrambi i genitori e da anni residente in Egitto, Mackja era un giovane israeliano dagli occhi verdi, le spalle forti ed i capelli d’ebano che, considerata l’intolleranza del nuovo regime verso chiunque non avesse sangue egiziano nelle vene, si era risolto a fare da guida ai pochi forestieri in viaggio. Resosi testimone del tragico incidente accaduto a Sir Ferguson, si era dichiarato disponibile da subito ad ospitare Sir Jonathan e Astrid presso la sua umile abitazione, durante la loro breve permanenza presso Il Cairo.

 Figlio di un Capitano di Battello, Mackja li avrebbe poi accompagnati sino a Tunisi dove avrebbero proseguito da soli il viaggio verso casa. Tuttavia, quella volta, il destino avrebbe avuto in serbo per loro qualcosa di decisamente unico...

 -Sir Jonathan! Signorina Astrid!

Riconoscendo la voce un po’ roca di Mackja, Jonathan rivolse alla giovane sorella un fiacco sorriso.
-Anche questa volta è andata, Astrid...- Le si rivolse in tono affettuoso, senza però riuscire a nascondere la propria delusione – E’ meglio prepararci, ora. Magari, il prossimo anno...-

La ragazza fece per raccogliere i propri effetti personali, nonostante sentisse lo sconforto pesarle addosso come un macigno. Le acque a poca distanza dai loro piedi scorrevano tranquille, mentre l’ombra lilla della sera iniziava, come una morbida trapunta, a calare lenta sul deserto. Improvvisamente, l’atmosfera un po’ triste venne squarciata da un fischio acutissimo: e fu così che Jonathan notò che Mackja non stava venendo loro incontro dal villaggio come al solito, ma che era già a bordo della loro imbarcazione, da sopra la quale si sbracciava. 

-Il presidio del viceré è stato informato della presenza di stranieri lungo il fiume!- Gridava il giovane israeliano, in un inglese un po’ povero -...la loro nave sarà qui a momenti. Non c’è un minuto da perdere, amici miei; salite a bordo!

Con gesto rapidissimo, Mackja calò ai due fratelli una scala di corda intrecciata. Lo sventurato duo non dovette aspettare molto prima di rendersi conto che Mackja non aveva di certo mentito: le acqua a poppa dell’imbarcazione si stavano agitando; segno inequivocabile che, i mamelucchi, dovevano essere molto vicini.

-Il mio taccuino!- Gridò all'improvviso il giovane, affrettandosi a recuperare il prezioso oggetto che, sfortunatamente, stava per andare sempre più a fondo, inghiottito dal grande fiume -...appena in tempo!

Salendo a bordo della bagnarola, Jonathan si maledisse tra sè e sè per il proprio egoismo: a causa della sciocco desiderio di sentirsi ancora una volta vicino a Stuart, aveva condannato anche la giovane Astrid, unico affetto rimastogli, ad una fine ingrata. Come avrebbero mai potuto fare, infatti, a trarsi in salvo dalle inaffondabili navi mamelucche, manovrate non da mozzi ma, bensì, da irriducibili macchine da guerra assetate di sangue straniero?
-Sir Jonathan, non ci credo....guardate!

 Proprio quando tutto sembrava ormai perduto, Mackja lanciò un grido di sorpresa ed invitò anche la giovane Astrid, che si era coperta gli occhi con le mani, a guardarsi indietro.

 La grande imbarcazione dei mamelucchi, nonostante gli uomini a bordo di essa non facessero che remare con forza, si stava allontanando sempre maggiormente, in direzione opposta rispetto al loro piccolo battello, come sospinta da una fortissima corrente invisibile.

-Siamo salvi! SIAMO SALVI!!!!Non riesco a crederci, sul serio!- Esultò Astrid, in preda all'euforia - una corrente così forte non s’era mai vista, sulle sponde di un fiume! Deve essere Stuart, ne sono sicura! Lui ci ha salvati! Lui vuole dirci che è ancora con noi!

Ancora incredulo, Jonathan non riusciva a smettere di fissare la nave mamelucca che, oramai completamente domata dalla corrente contraria, non appariva che un indistinguibile puntino ingoiato dall'orizzonte bluastro della sera.
Era difficile convincersene: finalmente, il “segnale” per il quale aveva tanto pregato sembrava essere giunto a destinazione. Eppure, un nodo soffocante di malinconia, non smetteva un secondo di stringergli il cuore.

Con mano tremante, Jonathan estrasse dalla tasca il taccuino, scrollandolo un poco per cercare, forse vanamente, di asciugarlo. Aveva infatti tutta l’intenzione, di mettere subito per iscritto quell'avventura  tra le sue pagine del tutto inutilizzate: proprio per quel motivo, la sua sorpresa fu grande quando si accorse che, sulla prima, le macchie d’acqua qua e là sparse avevano invece lasciato spazio ad alcuni caratteri manoscritti.

 Il giovane si lasciò sfuggire un piccolo grido.
-Qualcosa non va, signorino?- chiese subito preoccupato, Mackja.

 Per tutta risposta, Sir Jonathan, scosse la testa rivolgendogli un caloroso sorriso.

 -Niente affatto: è tutto a posto, Mackja..- Rispose amichevolmente - Io e Astrid volevamo solo ringraziarti per averci salvati: non fosse stato per la tua prontezza, non saremmo mai riusciti a portare a casa la pelle. Proprio per questo motivo, vorremmo farti una proposta; ti piacerebbe seguirci in Nuova Zelanda? Avremmo proprio bisogno di uomo capace come te, alla Tenuta...-

Mentre il giovane israeliano riusciva a stento a contenere la sorpresa, un piccolo foglio ingiallito, qua e là macchiato d’acqua, venne aperto da un colpo improvviso di vento, prima di ritornare ad essere accolto dalla tasca accogliente di Sir Jonathan Winston.
Sopra, vi era scritto:

Ascolta il tuo cuore, ed apriti ad un nuovo amico. La vita, lo sai bene, è un fiume in piena: ma, ogni qual volta sarai in cerca di un porto sicuro, lo potrai di nuovo trovare in lui. Non c’è bisogno che tu ed Astrid corriate dei pericoli, per venire a cercarmi: ovunque siate, io sarò con voi. Non vi potrò dimenticare mai.
Vi voglio bene.
Con affetto, il vostro
Stuart.”

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