Erano appena passate le quattro di un pomeriggio di primo autunno.
Sandra, la domestica, si staccò dalla finestra della cucina che dava sul lago con le labbra serrate; da mezzogiorno, era già la quindicesima o ventesima volta
Questa volta, mentre veniva via, disfece e riannodò distrattamente le stringhe del grembiule: era piuttosto nervosa. Stava aspettando da giorni il ritorno di Stefano, il figlio del comandante scandinavo per cui lavorava. Aveva visto crescere quel ragazzo, gli era molto affezionata. Era partito alla ricerca di nuova legna da ardere poiché quella che avevano si era bagnata per una svista di Sandra ed era completamente marcia. Abitavano in una parte estremamente settentrionale della Scandinavia e ormai le ore di buio ricoprivano quasi l'intera giornata. Eppure lei lo sapeva. Avrebbe dovuto insistere e fare in modo che mandassero qualcun altro a procurare i ceppi! E ora continuava a fissare con sguardo perso quel lago. Prima o poi l'avrebbe visto tornare con la sua piccola imbarcazione, ne era certa. A forza di osservare continuamente quello specchio d'acqua, la donna s'era addormentata. Quando si risvegliò era quasi sera e Stefano non aveva ancora fatto ritorno. Iniziò a pregare, finché sentì qualcuno scaraventarsi contro la porta gridando aiuto. Sandra corse ad aprire e trovò il giovane steso a terra: era di ghiaccio. Le gambe non funzionavano più ormai. 'Oh, povero ragazzo' pensò la donna. 'Ora non ti preoccupare, bado io a te, caro'. Gli diede degli abiti caldi e puliti e gli preparò un tè caldo con una fetta di torta al limone. Il ragazzo era spaesato; si sedette e iniziò a raccontare a Sandra tutte le sue sventure. Aveva attraversato il lago con la sua barca per raggiungere la foresta. Era riuscito a racimolare qualche ceppo grande e resistente e a trascinarli fino alla riva. Quando però vi era giunto, non aveva trovato più nessun segno della sua imbarcazione. Pensò di essere stato un imprudente; c'era molto vento:era ovvio che avrebbe dovuto legarla con maggior sicurezza. Era scesa già la notte e con le ultime forze che gli restavano era riuscito a costruirsi un rifugio per la notte e ad accendere un gelido fuoco per non congelare. Riuscì a dormire per qualche ora, e quando si svegliò iniziò immediatamente a pensare a un modo per fare ritorno sano e salvo. Pensò di costruirsi una zattera, sebbene non avesse mai fatto nulla del genere. Lavorò l'intera giornata e riusci solamente a recuperare qualche tronco da assemblare, ma nulla di più. Era costretto a rimanere in quel posto oscuro ancora una notte. Il giorno dopo però completò la sua zattera e riuscì a partire con il legno per tornare a casa. Purtroppo non si era accorto delle forti correnti che attraversavano il lago e, giunto a metà, venne sbattuto in acqua da un'onda feroce. Con molta fatica riuscì a nuotare fino alla riva più vicina dove, incastrata tra gli alberi, era ferma la sua prima imbarcazione. Era congelato e non aveva intenzione di trattenersi un minuto di più, così, con i suoi ultimi sforzi, raggiunse la barca e iniziò una maratona sull'acqua per arrivare il prima possibile a casa. Infine aveva corso come un folle prima che nelle sue gambe non circolasse più sangue. 'Ora è tutto a posto, figliolo' lo rassicurava la domestica. 'è tutto finito, non devi più avere paura'. Mentre gli sussurrava queste parole gli accarezzava il viso, come molti anni prima, quando era solo un bambino. Ora si era finalmente addormentato, e quando si sarebbe svegliato, avrebbe ripreso la vita di ogni giorno e non avrebbe mai più riattraversato quel mortale lago.
apposto> a posto
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