martedì 16 aprile 2013

ceniamo insieme, papà


Il silenzio della neve, pensava l'uomo seduto dietro all'autista del pullman.
Se questo fosse stato l'inizio di una poesia, avrebbe chiamato "silenzio della neve" ciò che sentiva dentro.
Aveva preso il pullman che l'avrebbe portato da qualche parte, sicuramente ad una meta, a lui ancora sconosciuta.

Il vagabondo era seduto su quel posto da anni, ma non aveva mai visto così tanta neve in tutta la sua vita.  Faceva persino fatica a riconoscere il panorama, così innevato, che percorreva ogni giorno. Ogni giorno, lo stesso giro.
Lo stesso giro, ogni giorno.
Alla fermata di Piazza Roma erano ormai salite cinque persone, infreddolite, con i cappotti sporchi di neve e un ombrello in mano.
La prima, una donna. ‘’Quella’’ donna. Il freddo mistero avvolgeva quella donna. Ogni giorno, da un paio di anni faceva avanti e indietro su quel pullman, dimenticando sempre sbadatamente le borse della spesa.
Lunghi, lisci e biondi capelli le coprivano leggermente gli occhi, chiarissimi, un poco a mandorla. A differenza della sua chiara carnagione, le labbra erano rosse e sottili,
sottili come lo spicchio di luna che timida, fissava, forse proteggeva, il pullman... là in alto.
Secondi, entrarono una madre e un bambino, entrambi argentini, probabilmente.
Il piccolo aveva pochi mesi, la signora lo teneva ancora in braccio. Il silenzio di quel viaggio notturno sul pullman era spesso interrotto dal pianto soffocato di quel bimbo.
Gli divertiva vedere le persone che salivano sul pullman, che passavano per forza accanto a lui, in modo da squadrarli, da farsi un’idea di chi fossero e che lavoro facessero.
Il buio di quel pullman faceva intravedere distintamente i volti di un ragazzo e una ragazza, adolescenti, illuminati dai propri cellulari da cui non avevano staccato lo sguardo da quando erano entrati. Tutta questa tecnologia degli ultimi anni hanno creato una tale confusione a quell’uomo che non volle mai lontanamente avvicinarsi a quei macchinari luminosi, si limitava ad osservare, come osservava curioso tutta la gente che entrava su quel pullman.
La noia? beh, probabilmente si, non c’era niente da fare su quel pullman. Ogni giorno era la stessa routine, durante la maggior parte del tempo era seduto solo con l’autista che non lo degnava di una parola ma ormai si era affezionato a quei suoi silenzi giornalieri.
E intanto il tempo passava. Passavano le fermate, passava la gente che scendeva e saliva. L’uomo non sapeva se scendere o meno. Nell’indecisione rimaneva al suo posto. Esattamente, quella poltrona dietro l’autista era diventato il suo posto.
Scesero tutti dal pullman, eccetto la donna dal lunghi capelli biondi.
La donna si avvicinò all’uomo, a quel barbone a cui non aveva mai parlato, gli sorrise. Un sorriso che non lo completava da anni, un sorriso della sua amata Lucia, la moglie, che fu investita da quel pullman cinque anni fa.
Gli porse la solita borsa della spesa che dimenticava in autobus, da cui il vagabondo rovistava per prendere del cibo.
‘‘Papà, oggi non mangerai da solo’’ dissero le rosse labbra, sottili come la luna sempre più luminosa.
L’agitazione.
Udendo queste parole, pronunciate da quella misteriosa donna, dagli occhi del povero uomo non poterono che uscire lacrime salate; senza una parola.
Quante domande avevano da farsi, quanti anni di silenzi avevano bisogno di essere colmati, quanti abbracci mancavano, a quel padre e a quella figlia.
Il signore era ancora scosso, forse non era ancora consapevole di cosa fosse accaduto due minuti prima, ma quando il pullman si fermò alla stazione dei treni, l’uomo si alzò e scese, assieme alla figlia.
Dopo anni, per la prima volta, quel pullman si allontanava nel buio della notte senza ‘‘l’uomo’’. Cessò di nevicare.

2 commenti:

  1. parola, ma
    :)
    evita i luoghi comuni

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    Risposte
    1. ok grazie prof! sono consapevole della banalità di questo testo, l'ho scritto all'ultimo momento.
      cercherò di stare più attenta la prossima volta!

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