Il sole stava per scomparire dietro le altissime cime delle immense palme piumate, fra un mare di fuoco che arrossava le acque del fiume, facendole sembrare bronzo appena fuso, mentre a levante un vapore violaceo, che diventava di momento in momento più fosco, annunciava le prime tenebre. Un uomo stava ritto sulla riva, appoggiato al fusto d'una giovane palma, aspettava il traghetto che l’avrebbe portato da Luxor fino al Cairo. La città dove avrebbe potuto fare luce sul mistero della statuetta del faraone Osorkon Primo.
Nel frattempo ripensava a tutto ciò che era accaduto da
quando era arrivato da Londra.
Alexander è un archeologo inglese, uno di quegli uomini che vivono per il lavoro. Era venuto in
Egitto per effettuare degli scavi nei pressi di Luxor alla ricerca di antiche
statuette di bronzo risalenti alla ventiduesima dinastia.
Si trovava a Bir Abu Shar quando incontrò per la prima volta
Hasan. Era un uomo del posto, alto e robusto, quasi quarantenne con capelli
neri come l’ebano. Era l’unico in quella città che sapeva parlare un minimo
d’inglese, quindi Alexander gli chiese se fosse stato disponibile a fargli da
guida fino a Luxor.
Hasan si dimostrò subito molto disponibile così i due si
diedero appuntamento il mattino seguente. Quando arrivò, Alexander notò che
Hasan si era già procurato due cammelli. Gli andò incontro e lo salutò. “Buongiorno,
amico inglese, ti presento il tuo nuovo compagno di viaggio, è uno tra i
migliori cammelli del posto!”lo salutò Hasan. Alexander si avvicinò cautamente
a quella strana creatura che non aveva mai visto prima in tutta la sua vita e solo
dopo molti tentativi riuscì a salire sul suo cammello a cui però non sembrava
andare particolarmente a genio.
Hasan, una volta partiti chiese: “Come mai ti trovi in
Egitto?” Alexander rispose “Devo fare alcune ricerche riguardo a delle antiche
statuette votive risalenti all’epoca del faraone Osorkon Primo, non so di
preciso come siano… Mi pare a forma di gatto…” “Oh non vorrei scoraggiarti, ma
molti stranieri sono venuti qui in cerca delle preziose statue di gatto e sono
tutti tornati a mani vuote.” “Preziose?”, chiese stupito Alexander. Hasan
annuì, “Si dice che prima di morire il faraone Osorkon nascose il suo più grande
tesoro in una statuetta votiva di gatto, ma nessuno è mai riuscito a trovarla.
Mio nonno condusse delle ricerche, ma non riuscì a trovarlo, in fondo è solo
una leggenda …”. “Interessante”, disse Alexander accarezzandosi il mento, “non
ero a conoscenza di questo fatto”. “Solo la gente del posto conosce questa
leggenda”, concluse Hasan mentre salì in groppa al suo cammello.
Viaggiarono per il deserto fino a sera, montarono le tende e
mangiarono delle mandorle e un po’ di pane. Prima di andare a dormire Alexander
si fermò a guardare il cielo, era una notte
luminosa, non aveva mai visto così tanto stelle. Era qualcosa di
straordinario.
Nemmeno Hasan era già andato a dormire, stava leggendo uno
strano papiro che aveva tutta l’aria di essere piuttosto antico. Incuriosito Alexander
gli chiese cosa fosse. “Quando mi nonno morì donò tutti i suoi beni ad un
associazione benefica”, gli rispose gentilmente Hasan, “e a mio padre lasciò in
eredità solo questa pergamena. Mio padre si infuriò e la buttò nella spazzatura,
io però, la ripresi perché era il solo ricordo che mi era rimasta di mio nonno”.
“E di che cosa si tratta?” chiese Alexander sempre più
incuriosito. La risposta fu deludente:“È una mappa per trovare il tesoro di
Osorkon, ma non farti illusioni ho già provato a cercarlo senza risultato”.
“Ehm, ti dispiacerebbe se gli dessi un’occhiata?” chiese timidamente Alexander.
Hasan acconsentì e gli porse la pergamena. C’erano disegnate delle strane
figure, poteva trattarsi di alcuni geroglifici.
Il mattino seguente quando si rimisero in cammino Alexander
annunciò al suo compagno di viaggio che era intenzionato a trovare la
statuetta. Hasan gli disse che in cuor suo non aveva mai dubitato delle
supposizioni di suo nonno e che era felice di accompagnarlo in questa ricerca.
Arrivarono a Luxor dopo due giorni di cammino per il deserto,
i due si misero subito alla ricerca della statuetta perduta. Hasan portò
Alexander in giro per la città. Purtroppo non riuscirono a trovare nemmeno un
indizio.
Andarono in giro per circa tre ore quando, delusi e affamati,
decisero di recarsi in un bar a mangiare qualcosa.
Alexander riflette ancora sui i disegni rappresentati nella
pergamena. Il primo era un serpente. Improvvisamente tutto fu chiaro: la piazza
del mercato in realtà si chiamava “مربع من الأفعى , ovvero “Piazza del serpente”.
Ma non fece in tempo di gioire; mentre si volse vide tre uomini con una lunga
barba nera che non avevano un’aria molto amichevole così propose Hasan di
uscire subito dal bar. Mentre lasciare il locale Alexander raccontò le sue
supposizioni ad Hasan. Decisero di avviarsi verso la piazza che si trovava nel cuore della città. Era l’ora di punta,
c’era una infinità di gente, forse era meglio tornare più tardì. I due stavano
per andarsene quando improvvisamente Alexander notò un’incisione particolare
vicino ad una bancarella. Si avvicinò alla figura e chiese la pergamena ad
Hasan, non si sbagliava, era uno dei disegni presenti nella pergamena. Erano
nel posto giusto. Rimasero nella piazza del mercato fino a quando non se ne
andò tutta la folla. Rappresentava una specie di serpente e, guardandolo meglio,
Alexander notò che la mattonella su cui era inciso il graffito fuoriusciva
leggermente dal muro. La tirò via dal muro delicatamente, dietro c’era una
chiave.
Preso dall’entusiasmo Alexander esaminò il secondo disegno:
era una mucca. Chiese immediatamente ad Hasan cosa potesse rappresentare. Non
ci mise molto a rispondere: “Nella piazza centrale c’è una statua che
rappresenta la dea Nut, la dea del cielo. Il suo animale sacro è una mucca!”
Corsero subito in direzione della piazza, senza notare che
tre ombre si aggiravano sempre dietro di loro. Non ci misero molto a trovare un
piccolo foro ai piedi della statua in cui era nascosto un ciondolo piuttosto
bizzarro. La terza figura era la principale: un gatto. I due non avevano dubbi,
dovevano recarsi al tempio della dea Bastet, la dea raffigurata con la testa di
un gatto.
Il tempio era deserto data l’ora tarda, il sole era già
tramontato e non c’erano più visitatori. Stavano per iniziare le ricerche
quando Alexander sentì un forte dolore alla testa e tutto improvvisamente si
fece buio.
Alexander si svegliò in un posto buio e umido, la testa era ancora
dolorante. Riuscì a focalizzare una figura seduta su una sedia davanti a lui.
“Finalmente ti sei svegliato! Adesso dimmi, senza giri di parole, dove si trova
il tesoro”. Alexander conosceva quella voce, ma non riusciva ad associarla ad
un volto.
Due uomini lo presero per le braccia e lo costrinsero ad
alzarsi. “Rispondi ti ho detto”, ripeté la voce. “ Frank?”, bisbigliò
Alexander. L’uomo rise e rispose “Indovinato! Ho sempre saputo che eri una
persona sveglia, è questo il motivo per cui ti ho mandato qui in Egitto, sapevo
saresti riuscito a risolvere il mistero della statuetta”. “Com’eri a conoscenza
della leggenda?” L’uomo rise ancora, “Credi davvero di aver trovato un
pescatore arabo che parla inglese per caso?” Alexander sentì le gambe cedergli,
era stato tradito, lui si fidava di Hasan e invece …
La rabbia in lui salì quando vide colui che aveva creduto un
fedele compagno di viaggio dietro le spalle dell’uomo che l’aveva mandato in
Egitto per risolvere un mistero e prendersene il merito.
Alexander svenne nuovamente. Quando si risvegliò davanti a
lui c’era Hasan. Provò a dargli un pugno, ma si accorse di avere le mani
legate. Prima che potesse parlare Hasan lo zittì, passò dietro di lui e iniziò
a tagliare le corde.
Stavano per uscire da quella che sembrava essere una grotta
quando dei passi si avvicinarono. “Vai, io intanto gli distraggo!” disse Hasan.
“Appena sapranno che mi hai liberato ti uccideranno!” protestò Alexander. “Non
preoccuparti, vai e non pensarci. Voglio solo che tu sappia che non ti ho mai
tradito, loro non sanno dove si trova il tesoro”, lo rassicurò Hasan.
Alexander salutò l’amico e corse via. Fuori il sole era alto
nel cielo, in lontananza riusciva a vedere la città. Non era molto lontana.
Arrivò davanti al tempio e iniziò e cercare la figura di un
gatto, doveva fare in fretta, gli scagnozzi di Frank non ci avrebbero messo
molto ad arrivare.
Finalmente la trovò, era incisa su una botola in un anglo del
tempio, scese nella botola finché si trovò davanti a una porta. Era chiusa a
chiave. Estrasse la chiave che aveva trovato dalla tasca della camicia, era
quella giusta. Si trovò davanti a un lungo corridoio infondo al quale si
trovava uno scrigno dorato.
Lo scrigno non aveva una serratura per una chiave. Alexander
stava per andare nel panico quando notò un’insenatura strana alla base dello
scrigno, in tutta fretta estrasse il ciondolo della dea Nut.
Lo scrigno si aprì. Conteneva una statuetta votiva di gatto,
era normalissimo bronzo. Alexander rimase stupito quanto deluso appena la vide,
ma la tenne con sé lo stesso.
Stava ripercorrendo il corridoio verso l’uscita quando
inciampò. La statua si ruppe in mille pezzi, ma in mezzo ai frammenti di bronzo
spiccava una grossa asticella di ferro, qualcosa di simile ad una chiave. Oltre
alla chiave, però, c’era una piccola statuetta d’oro del dio Ra.
Guardando bene la statuetta notò che sul retro era inciso il
termine arabo per “Il Cairo”.
un associazione>un' associazione
RispondiEliminase gli dessi >se le dessi(è riferito a pergamena)
riflette > rifletteva
Mentre lasciare il locale>Mentre lasciava il locale,
anglo >angolo
infondo >in fondo