giovedì 30 maggio 2013

Una giornata da non rifare

L’avevamo combinata grossa,o meglio,qualcuno in particolare.
Ce ne stavamo soli,come smarriti,sulla riva del Po. Il caldo,quel giorno,era a dir poco insopportabile. Soffiava un vento debole,che bastava a far gironzolare le tante borsine di plastica per tutta la riva e che a momenti ci finivano in faccia. Affamati,assetati,distrutti e spaventati. Questi sono gli aggettivi che il 30 maggio,quel maledetto 30 maggio,ci siamo assegnati. Ma perché ci trovavamo nei pressi del fiume Po? Cosa o chi è stato a portarci fin lì? Sembrava un giovedì qualunque,un giovedì come tutti gli altri, ma noi ancora non sapevamo cosa ci aspettava. Il giorno prima,mercoledì, avevamo deciso con la professoressa Persico di andare a fare una piccola passeggiata per Cremona,l’indomani. Ormai la scuola stava finendo ed era molto difficile fare lezione con tutto quel caldo. Il giovedì,quindi,ci trovammo tutti in classe,muniti di bottigliette d’acqua, con i nostri zaini da esploratori. Mentre aspettavamo che arrivassero tutti,Alex, il ragazzo dalla “r” moscia chiese alla professoressa Persico: “ Prof e se invece di passeggiare per Cremona,andassimo in riva al Po?” Da questa richiesta partì tutto il nostro viaggio,partì una giornata da non rifare. Cominciammo ad uscire dall’istituto e ad incamminarci verso il Po. Faceva veramente caldo e quasi tutti avevano finito l’acqua. Eravamo grondanti di sudore dalla testa ai piedi e non vedevamo l’ora di arrivare a destinazione. Mancava molto poco ormai.  Ed ecco là che s’intravvedeva il Po,in piena,aveva straripato nei campi circostanti. Chi si continuava a lamentare per il caldo,chi per la sete,chi per la fame,chi era stanco.  Finalmente arrivammo,sebbene esausti,sulla riva del fiume. La poca vegetazione che vi era,tutta rinsecchita per via della luce cocente del sole. Solo in fondo,si poteva scorgere una fitta boscaglia all’ombra. Volevamo esplorare quello strano luogo,ma ci intimoriva,tutti tranne uno,Alex. Notammo subito che lui,quel giorno,aveva una voglia particolare di avventura. Certo che questa voglia,poteva farsela venire un’altra volta. La professoressa,era seduta in terra,sopra un telo mare arancione,a leggere un libro,con dei grandi occhiali da sole. Noi ragazze stendemmo i nostri colorati salviettoni,pronte a prendere il sole,quando … “Prof,prof! Alex è sparito! Io e Carlo stavamo prendendo il pallone da calcio,ci siamo voltati e lui non c’era più!” imprecava la voce di Filippo. “Ma insomma,siamo appena arrivati e quello già si perde!”. Ci mettemmo tutti a gridare,a chiamare il nome dello svampito che non ci dava nemmeno il tempo di stendere le nostre salviette. Nessuna risposta. Continuammo a urlare a squarcia gola per almeno cinque minuti,ma ancora niente. Ci dividemmo in due gruppi. Uno doveva dirigersi dalla parte in cui eravamo arrivati e l’altro,invece, verso la fitta boscaglia ombreggiata. Io mi trovavo nel secondo gruppo. Mathilde,Vittoria,Fabiana,Rebecca,Giulia,Serena ed io eravamo state scelte per avventurarci in quel luogo terribile, un luogo che aveva un’aria tutt’altro che rassicurante. Con passo veloce ed agitato,portammo i nostri deboli corpicini proprio là,in quella zona spettrale. Eravamo tutte intimorite, ci sentivamo in soggezione rispetto all’enorme foresta. Sentimmo degli strani rumori,dei rumori sospetti e poi un tonfo,più niente. Ci spaventammo da morire. Mathilde si era aggrappata ad un grande albero,terrorizzata. Vittoria addirittura era in lacrime. Io e le rimanenti cercavamo di controllare la nostra paura. Cominciammo a correre velocemente nella direzione in cui pareva provenisse il rumore sordo. Alex, era aggrappato all’estremità di una piccola frana,uno strapiombo. Fabiana ed io accorremmo in suo soccorso. Ci aggrappammo alle sue mani che,a mala pena, si riuscivano a scorgere. Le dita pian piano stavano scivolando,perdevano forza. Stavano per mollare la presa. Riuscimmo con molti sforzi a portarlo al sicuro. Mathilde e Rebecca,tenevano me e Fabiana per le caviglie. Ce l’avevamo fatta. Quel giorno,il nostro caro Alex,ne sentì di tutti i colori. Dopo una solenne ramanzina da seconde madri,lo aiutammo ad arrivare sulla riva. La professoressa e gli altri erano già tornati,in ansia. “Alex,ti uccidiamo!” urlavano tutti. 

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