...mentre i miei occhi e il mio viso assumevano un'espressione vuota e preoccupata...Cosa avrebbero detto i miei genitori se l'avessero saputo? E mia sorella? Per non parlare dei miei amici: avrebbero pensato male e non mi avrebbero piú rivolto la parola. Perché queste cose le dovevo combinare sempre io? Mi sa che mi avrebbero pure messo in galera, per una cosa cosí; e chissà per quanti anni.
Non ci volevo nemmeno pensare; cosí masticavo il mio enorme pezzo di pane, credo anche di aver sudato...e tanto!
I miei genitori mi guardavano male mentre facevo mille smorfie per masticare quel tozzo di pane; quando lo finii, presi una mela e corsi in camera mia: la mia cameretta, cosí calda e accogliente (calda, per modo di dire, siamo a 10 di agosto e si muore dal caldo!). Mi stesi sul letto e cominciai a leggere il libro che avevo per le vacanze estive. Tutto era tranquillo: dalle finestre aperte arrivava un venticello leggero leggero, le valige, davanti all'armadio blu notte, erano pronte per partire per la Sicilia e, sotto al mio letto, giaceva immobile il cadavere, quello di Jennifer. Un brivido percorse lungo la mia schiena quando mi accoccolai al cuscino giallo con disegnati due limoni giganti. Avevo una paura tremenda che Jennifer resuscitasse, mi strangolasse, e poi, quando i miei genitori mi avrebbero trovato morto, sarebbero scoppiati in lacrime e la mia vita avrebbe avuto fine a soli 11 anni! Nel pieno della notte saltai giú dal letto e "riasumai" il corpo mi misi quasi a piangere dalla disperazione; rimasi in contemplazione tutta la notte. Mi svegliai: due enormi occhiaie scure contornavano il mio volto, quello di un "omicida" che era stato tutta la notte a fissare ciò che aveva compiuto. Quando i miei genitori arrivarono nella stanza videro quel che avevo combinato e vennero a consolarmi, dicendomi che avrebbero risolto tutto. Tutt'a un tratto piombò mia sorella in camera e scoppiò a piangere, era davvero provata, cosí le portai il suo biberon da bere. Dopo che lo ebbe finito spiegai tutto, spiegai per filo e per segno cosa successe, di come avessi fatto per far cadere Jennifer dal balcone. Finito di raccontare com'erano andati i fatti mio padre mi si avvicinò all'orecchio e mi disse:"Non ti preoccupare, avevamo già in mente di comprargliene una nuova per il compleanno. Tranquillo!"
Questa é la breve storia di come ho "ucciso" la Barbie di mia sorella: non mi sono mai sentito cosí in colpa e preoccupato!
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