martedì 21 maggio 2013

AMPHORAS

Un giorno, il mio padrone mi svegliò di colpo.

 Mi disse:"Sveglia!!! Muoviti ad alzarti che dobbiamo andare al mercato degli schiavi!!!"

"Agl'ordini signore!" risposi.

Mi vestii con quei pochi stracci che possedevo. Arrivati al foro, rimasi a bocca aperta. La quantità di schiavi, era enorme. Per la maggior parte erano provenienti dall' Egitto e dal Medio Oriente, ma avevano tutti una cosa in comune: la paura e la tristezza negli occhi. Dopo due ore di attesa, era giunto il mio turno. Il mio padrone mi tolse le "vesti" che avevo addosso. Il proprietario del mercato urlò ad alta voce:" Per cominciare, io lo valuterei per duecento quadrighe!"

La folla cominciò a borbottare, e il prezzo continuava a salire. Da duecento a trecento e così via. Il massimo che fu raggiunto, erano quattrocentocinquanta quadrighe, finché ad un certo punto, un nobile gridò: "Mille quadrighe!!!"

Tutti restarono ammutoliti, il proprietario batté subito il martello. Ecco il mio nuovo padrone. Un dipendente del commerciante cominciò a scaldare la brace, per marchiarmi a fuoco. Quei pochi minuti, furono i peggiori della mia vita. Il mio nuovo padrone mi legò una corda attorno alla vita, così non sarei stato in grado di scappare. Quando entrai nella Domus rimasi stupito dalla bellezza delle decorazioni. Un bellissimo pavimento a mosaico, raffigurava le stagioni, intonaci preziosi alle pareti e sfarzosi arredi in terracotta e bronzo. La mia mansione in quella Domus era quella di servire a tavola il

mio nuovo padrone e i suoi commensali. Tutti i giorni dovevo riempire delle bellissime anfore in terracotta di vino e olio che prendevo dalla cantina. Una volta vuote le riponevo al loro posto incastrandole tra di loro in modo che non si rompessero. Ne avevo molta cura, le pulivo anche se non ce n'era bisogno, mi ero affezionato a quegli oggetti, forse perché essendo schiavo non avrei mai potuto avere una famiglia e consideravo quelle anfore come se fossero mie figlie.

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