martedì 7 maggio 2013

Il delitto nell'appartamento

L'enorme lancetta nera è ancora immobile, ma s'accinge a compiere il gesto di ogni minuto: quel sobbalzo elastico metterà in moto tutto un mondo. La faccia dell'orologio si volterà, lentamente.

Il dottor Bianchi, commissario di polizia, si trovò a dover risolvere un caso complicato. Era stato trovato un uomo accoltellato in una stanza sprangata dall'interno e situata al quarto ed ultimo piano di una palazzina, praticamente inaccessibile dall'esterno.
Fumava nervosamente, analizzando quel delitto senza apparenti cause, avvenuto in un quartiere tranquillo, in cui gli abitanti denunciavano,al più, furti d'appartamento.
Delitti non ne avvenivano da un bel po' di tempo perché la gente che vi abitava, evidentemente, non aveva un carattere violento.
Il commissario passeggiava pensieroso nel suo ufficio, in quel pomeriggio assolato, guardando ogni tanto le lancette dell'orologio. Passeggiava e ricapitolava le notizie in suo possesso riguardanti la vittima,  la classica persona perbene. Si chiamava Angelo, cinquantaquattrenne, ingegnere meccanico. Era nato a Torino ed abitava a Milano da circa quindici anni, senza moglie ne' figli.
Perché ammazzarlo così?
Quindici giorni prima, gli agenti, rispondendo alla chiamata del 113, erano arrivati sul luogo del delitto e, dopo aver interpretato il racconto confuso della portinaia-domestica Lucia, avevano subito chiamato il commissario e riferitogli le notizie riguardanti l'accaduto.
Lucia, custode dello stabile al mattino, durante il resto della giornata, nell'arco della settimana, svolgeva il ruolo di collaboratrice domestica tra i pochi condomini, facendo pulizie e consegnando la posta.
Quel venerdì mattina, alle otto, ritirata la corrispondenza da Paolo, il postino del quartiere, aveva provveduto a disporla nelle caselle degli inquilini, ma aveva trattenuto quella dell'ingegnere per consegnargliela di persona alle 8.30, quando l'avrebbe salutata dicendo:" Buongiorno, Lucia!" e sarebbe andato in ufficio a bordo della sua auto.
"Era una persona puntuale ed abitudinaria, un vero e proprio orologio!" aveva dichiarato la portinaia, "Però...".
Quella mattina, però, alle 9.15 l'ingegnere non si era ancora fatto vedere e Lucia, preoccupata e curiosa, era salita al quarto piano, aveva suonato il campanello e bussato ripetutamente alla porta. Dall'interno si sentiva una musica soffusa, segno che l'uomo era in casa, ma non le apriva.
Con le sue chiavi, allora, quelle che usava quando andava a fare le pulizie nell'appartamento, aveva tentato di entrare,ma, anche se la chiave girava perfettamente nella serratura, l'uscio non si apriva, come se fosse sprangato. Temendo il peggio, la domestica aveva immediatamente chiamato il 113, chiedendo aiuto.
E gli aiuti erano giunti: prima il commissario Bianchi, i pompieri ed infine l'ambulanza. Dopo che la porta venne aperta con fatica, il corpo senza vita di Angelo fu trovato riverso sul pavimento del soggiorno con un coltello da cucina piantato nella schiena. Per il resto, l'appartamento era abbastanza in ordine, le finestre erano chiuse, le tapparelle calate e la luce spenta.
Era subito partita la macchina delle indagini: rilievi, autopsia, analisi...
Ma niente se ne era ricavato che potesse dare l'idea sulla dinamica del delitto.
Erano passati 15 giorni da allora, nelle pagine milanesi del corriere, un articolista, proprio quel mattino aveva lamentato di aver sentito dei rumori ed un gran trambusto nell'appartamento dell'ingegnere ucciso.

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