martedì 14 maggio 2013

Salti mortali

I lampioni erano spenti e solo la luce pallida della luna brillava sull'enorme spada che roteavo sulla mia testa per testare la sua manegevolezza: a dir la verità era tutto, tranne che maneggevole, un vero macigno di ferro.
In quel momento mi stavano balenando per la testa un sacco di domande, ma soprattutto mi chiedevo come mai, in un posto cosí moderno come Chicago io dovessi girare per la città con una spada del medioevo, pesantissima. Ad un tratto mi misi, quasi impulsivamente, a correre: giravo a destra e a manca, credo di essere stato telecomandato, proprio un robot. Venivo sballottato da tutte le parti e mi portavo a presso il mio masso "leggero". Cosí, come la mia corsa era iniziata, era anche finita, anche perché mi ero ritrovato davanti ad una rete di ferro alta quasi due metri. Il mio burattinaio mi fece fare un triplo salto mortale carpiato: ero quasi stupito dalle mie potenzialità da ginnasta. Superata la rete ricominciai a correre, e correre, e correre. Alla fine di tutto, il nulla: mi svegliai e mi ritrovai sudato fradicio. Ero quasi arrabbiato: avevo fatto, appunto, i salti mortali per cosa: per il nulla, ero davvero scocciato. Mi feci una doccia e andai a scuola e, tornato a casa nel pomeriggio, mi andai a iscrivere al corso extra-scolastico di ginnastica artistica: magari, fra qualche anno, mi vedrete alle Olimpiadi, chi lo sa.

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