giovedì 30 maggio 2013

La punizione

“Forza ragazzi, veloci! Dai che siamo in ritardo!”.
Così urlava sempre il nostro professore di educazione fisica, il venerdì mattina, quando ci spostavamo dalla scuola alla palestra; oggi invece no. Era molto silenzioso e se ne andava per le vie della città con la sua bicicletta; noi lo seguivamo da dietro, come i soldati seguono il loro comandante; quella mattina in centro, non c’era quasi nessuno, a parte qualche signore anziano che portava a spasso il cane. La cosa che più mi colpì fu il silenzio: di solito chiacchieravamo e scherzavamo insieme, ma oggi ognuno di noi indossava le proprie cuffiette e ascoltava la musica in santa pace. Arrivati davanti al Torrazzo, il prof si fermò e noi con lui; casualmente mi tolsi per un attimo le cuffiette e sentii il prof parlare della storia del torrazzo, com’era stato costruito e altre cose noiosissime. Ovviamente non si era accorto che nessuno lo stava ascoltando, a parte me, e così, andando avanti, continuò il suo racconto; io mi misi subito le cuffiette e feci ripartire la canzone che stavo ascoltando. Arrivati in palestra, dopo esserci cambiati, come al solito ci mettemmo tutti seduti intorno al prof. “Bene ragazzi, avete capito la bellissima storia del Torrazzo?” Ci guardammo tra di noi: non avevamo la più pallida idea di cosa stesse parlando, ma in quel momento si alzò un coro di “Siiii”!! Il prof fece un bel sorriso, aprì il suo registro e cominciò l’appello: “Aimo”. Presente. “Alquati”. Presente, e così via. Poi arrivò il turno di Lazzari che, invece di dire presente, disse “Qui”; il prof andò su tutte le furie: “Lazzari, quante volte ti ho detto che devi dire presente e non qui?!? Fai subito cinque flessioni per punizione”! Dopo essersi lamentata, Eugenia si mise a fare le flessioni; terminata la punizione, si sedette di nuovo vicino a noi. Finito l’appello, iniziammo a fare riscaldamento con le corde e poi alcuni esercizi con il fresbee. Che noia mortale! Così chiesi al prof di andare in bagno. Dopo qualche minuto di differenza, arrivarono nello spogliatoio “le altre due Alessie” e una battuta dopo l’altra, restammo per quasi un quarto d’ora nello spogliatoio a parlare. Il professore, non vedendoci arrivare, corse come una scheggia negli spogliatoi e ci vide lì sedute a ridere come matte; non avevo mai visto il prof così arrabbiato, era furioso. Così a metà dell’ora, senza neanche cambiarci, ci ordinò di uscire dalla palestra e dirigerci verso piazza Duomo. Arrivati alla meta ci disse: “Ragazzi, per colpa di alcune vostre compagne, Rossi, Caldera e Gandolfi, dovrete salire e scendere di corsa il Torrazzo per otto volte! Era completamente matto! Non saremmo mai riusciti! In quel momento, il coraggioso Alex disse al prof: “Mi scusi, per questa punizione, avremo bisogno di molto tempo; noi  a mezzogiorno dovremmo rientrare in classe per l’ora di storia! Non possiamo saltarla!” Non l’avesse mai detto: ancora più arrabbiato di prima, il prof rispose: “Non m’interessa assolutamente niente! Adesso per colpa del vostro compagno, aumenterò di due volte!” Un coro di no riecheggiò per tutta la piazza; tutti ci volevano ammazzare, ma il danno era fatto. Avevamo a disposizione due vie; la prima: salire e scendere di corsa per dieci volte il Torrazzo; la seconda: un bel quattro in pagella. Sicuramente molto meglio la prima! Così armati di buoni polmoni e buone gambe, noi Giovani Virgulti, ci dirigemmo verso l’entrata della torre. Penso che non mi dimenticherò tanto facilmente quel 30 maggio.

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