domenica 17 novembre 2013

Scars

Erano passati due anni da quando se n'era andata da quel posto.
Erano sembrati i due anni migliori della sua vita, ma ora, mentre s'apprestava a scaricare le valigie pensò di essere tornata all'inferno.
Tutto, ogni cosa di quel posto le riportava alla mente cose che avrebbe voluto dimenticare: il muretto di mattoni rossi dove le avevano dato il primo schiaffo, il bidone del pub dove le avevano gettato la borsa quando era in seconda media... solo i ricordi le facevano venir voglia di piangere e di chiudersi in camera da sola.
Ma non l'avrebbe fatto.
Si era promessa che di non piangere si sarebbe presentata a scuola per l'inizio del semestre fissando negli occhi tutti quelli che l'avevano disprezzata, dimostrando loro che non tremava più vedendoli, dimostrando loro che, in realtà, non era lei quella per cui bisognava provare pena.
Non avrebbe più permesso a quel vortice infernale di risucchiarla.
I suoi genitori la guardavano, preoccupati dal mutismo in cui si era rinchiusa da due giorni a quella parte, ma sapevano che quello era il suo modo per affrontare il trasloco, quindi si guardarono bene dal farle domande indiscrete.

Tre settimane.
Erano tre deprimenti settimane che era ritornata in quel posto orrendo e, fortunatamente, non aveva avuto contatti con nessuno, se non con la cassiera del supermercato.
Nessuno aveva badato a lei per strada, nessuno l'aveva riconosciuta.
Ma il giorno dopo sarebbe ricominciata la scuola, e sarebbe stata costretta a palesare il suo ritorno.
Una parte di lei era atterrita al pensiero di rivedere quei volti che tanto odiava, ma l'altra, quella predominante, era eccitata all'idea; voleva vedere le loro reazioni, le espressioni che avrebbero fatto quando il suo nome sarebbe uscito dalla bocca della preside.
Avrebbero ripreso a comportarsi come due anni fa? Dubitava fortemente.

Si alzò da letto con in corpo una strana adrenalina, come se fosse impaziente di dimostrare qualcosa, e in effetti era davvero così.
Si preparò con gesti febbrili ma senza lasciare nulla al caso: indossò una maglietta rigorosamente a mezza manica non aveva intenzione di nascondersi dietro un pezzo di stoffa, non avrebbe più dato la colpa al gatto, voleva che tutti le vedessero.
Sua madre si era offerta di accompagnarla in auto, e così, arrivò quando buona parte degli studenti era già ammassata nel cortile, in attesa che suonasse la campanella.
Quando varcò il cancello le si piantarono addosso diversi sguardi, tutti curiosi di vedere “la ragazza nuova”, poi qualcuno dovette realizzare che quella ragazza non era affatto nuova e gli sguardi su di lei si triplicarono nel giro di pochi istanti.
Cominciarono anche una serie di mormorii increduli che ignorò sfacciatamente mentre raggiungeva a testa alta la presidenza.
La stessa dirigente l'accompagnò nella sua vecchia classe, dove i compagni la guardavano sbalorditi, increduli davanti al suo cambiamento.

Dopo il primo ciclo di lezioni della giornata si diresse in mensa, ma improvvisamente un ragazzo dallo sguardo cattivo le si parò davanti afferrandola per il braccio destro, sul quale campeggiavano diverse strisce bianche.
Cicatrici.
Prima che lui potesse dire qualunque cosa lei gli diede uno schiaffo talmente forte da fargli voltare il capo e, fissandolo negli occhi, mormorò risoluta:
Ora basta.”



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