Erano circa le sei di pomeriggio .
Me ne stavo seduto sulla mia poltrona osservando dalla finestra i preparativi della battaglia. Tantissimi uomini e ragazzi si erano radunati nella piazza principale del paese: molti di loro avevano il viso rigato dalle lacrime e salutavano le mogli; alcuni rassicuravano i figli dicendo loro che sarebbero tornati presto. Ma sapevano bene che non era cosí. E lo sapevo anche io. Sentivo le urla dei comandati che davano ordini a destra e a sinistra, il rumore degli zoccoli dei cavalli appena sellati, delle spade e delle lance. Mi sentivo impotente. Ero molto preoccupato per la mia e la loro sorte; non li conoscevo tutti per nome, ma sapevo quanta grinta e forza ci mettevano sul campo di battaglia. Ed é proprio lì che li conosci davvero: non sei piú il loro superiore, ma sei in tutto e per tutto uguale a loro. Certo, forse avrai una tenda un po' piú grande, un po' piú comoda, ma sei nella loro stessa condizione, forse con un po' piú di responsabilità: una mossa sbagliata e migliaia di vite potrebbero andare perse. Mentre tutte queste riflessioni riempivano i miei pensieri, stringevo la mia spada. La mia compagna di avventure, di sventure e di viaggi. Me l'aveva regalata mio nonno, circa 10 anni fa, prima di morire di una rara malattia. Me la consegnò dicendomi che era stata forgiata da un grandissimo fabbro del sud, ed era stata tramandata da generazioni e generazioni fino ad allora. Non avendola potuta consegnare a mio padre, l'aveva consegnata a me, il suo unico nipote. Da allora la custodivo e la curavo ogni giorno con molta attenzione, essendo l'unico ricordo di mio nonno. Poi presi in mano il sasso azzurro che custodivo segretamente sotto il mio cuscino. Mi ricordavo esattamente quando e dove questo piccolo sassolino divenne importante per me. Era un lontano giorno di primavera e mi trovavo al fiume con mia sorella Mina. Era un pomeriggio come gli altri: dopo le lezioni con il mio maestro, io e Mina eravamo andati al fiume a giocare. Passavamo tutti i nostri pomeriggi in quella riva del fiume e ci divertivamo lanciando i sassi nel fiume: chi li tirava piú lontano vinceva. Essendo io piú grande, vincevo sempre, ma mia sorella voleva sempre la rivincita. Ormai avevamo visto centinaia di tipi diversi di sassi, ma ci stupivamo sempre ad ogni nuova forma che trovavamo. Ma quel giorno Mina ne trovò uno di un colore stupendo: azzurro cielo. Cosí invece di tirarlo me lo regalò. Fu davvero un regalo importante per me, tanto che non me ne separavo mai. Ma all'improvviso qualcuno bussò alla porta. Si fece avanti il comandante Cordier : "Mio signore, siamo pronti", mi disse.
Me ne stavo seduto sulla mia poltrona osservando dalla finestra i preparativi della battaglia. Tantissimi uomini e ragazzi si erano radunati nella piazza principale del paese: molti di loro avevano il viso rigato dalle lacrime e salutavano le mogli; alcuni rassicuravano i figli dicendo loro che sarebbero tornati presto. Ma sapevano bene che non era cosí. E lo sapevo anche io. Sentivo le urla dei comandati che davano ordini a destra e a sinistra, il rumore degli zoccoli dei cavalli appena sellati, delle spade e delle lance. Mi sentivo impotente. Ero molto preoccupato per la mia e la loro sorte; non li conoscevo tutti per nome, ma sapevo quanta grinta e forza ci mettevano sul campo di battaglia. Ed é proprio lì che li conosci davvero: non sei piú il loro superiore, ma sei in tutto e per tutto uguale a loro. Certo, forse avrai una tenda un po' piú grande, un po' piú comoda, ma sei nella loro stessa condizione, forse con un po' piú di responsabilità: una mossa sbagliata e migliaia di vite potrebbero andare perse. Mentre tutte queste riflessioni riempivano i miei pensieri, stringevo la mia spada. La mia compagna di avventure, di sventure e di viaggi. Me l'aveva regalata mio nonno, circa 10 anni fa, prima di morire di una rara malattia. Me la consegnò dicendomi che era stata forgiata da un grandissimo fabbro del sud, ed era stata tramandata da generazioni e generazioni fino ad allora. Non avendola potuta consegnare a mio padre, l'aveva consegnata a me, il suo unico nipote. Da allora la custodivo e la curavo ogni giorno con molta attenzione, essendo l'unico ricordo di mio nonno. Poi presi in mano il sasso azzurro che custodivo segretamente sotto il mio cuscino. Mi ricordavo esattamente quando e dove questo piccolo sassolino divenne importante per me. Era un lontano giorno di primavera e mi trovavo al fiume con mia sorella Mina. Era un pomeriggio come gli altri: dopo le lezioni con il mio maestro, io e Mina eravamo andati al fiume a giocare. Passavamo tutti i nostri pomeriggi in quella riva del fiume e ci divertivamo lanciando i sassi nel fiume: chi li tirava piú lontano vinceva. Essendo io piú grande, vincevo sempre, ma mia sorella voleva sempre la rivincita. Ormai avevamo visto centinaia di tipi diversi di sassi, ma ci stupivamo sempre ad ogni nuova forma che trovavamo. Ma quel giorno Mina ne trovò uno di un colore stupendo: azzurro cielo. Cosí invece di tirarlo me lo regalò. Fu davvero un regalo importante per me, tanto che non me ne separavo mai. Ma all'improvviso qualcuno bussò alla porta. Si fece avanti il comandante Cordier : "Mio signore, siamo pronti", mi disse.
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