martedì 26 novembre 2013

Nebbia di ricordi

Erano circa le sei di pomeriggio .
Me ne stavo seduto sulla mia poltrona osservando  dalla finestra i preparativi della battaglia. Tantissimi uomini e ragazzi si erano radunati nella piazza principale del paese: molti di loro avevano il viso rigato dalle lacrime e salutavano le mogli; alcuni rassicuravano i figli dicendo loro che sarebbero  tornati presto. Ma sapevano bene che non era cosí. E lo sapevo anche io. Sentivo le urla dei comandati che davano ordini a destra e a sinistra, il rumore degli zoccoli  dei cavalli appena sellati, delle spade e delle lance. Mi sentivo impotente. Ero molto preoccupato per la mia e la loro sorte; non li conoscevo  tutti per nome, ma sapevo quanta grinta e forza ci mettevano sul campo di battaglia. Ed é proprio lì che li conosci  davvero: non sei piú il loro superiore,  ma sei in tutto e per tutto uguale a loro. Certo, forse avrai una tenda un po' piú grande, un po' piú comoda, ma sei nella loro stessa condizione,  forse con un po' piú di responsabilità:  una mossa sbagliata e migliaia di vite potrebbero  andare perse. Mentre tutte queste riflessioni  riempivano i miei pensieri,  stringevo la mia spada. La mia compagna di avventure, di sventure e di viaggi. Me l'aveva regalata mio nonno, circa  10 anni fa, prima di morire di una rara malattia. Me la consegnò  dicendomi che era stata forgiata da un grandissimo fabbro del sud, ed era stata tramandata da generazioni  e generazioni  fino ad allora. Non avendola potuta consegnare  a mio padre, l'aveva consegnata a me, il suo unico nipote. Da allora la custodivo  e la curavo ogni giorno con molta attenzione,  essendo  l'unico  ricordo  di mio nonno. Poi presi in mano il sasso azzurro che custodivo segretamente sotto il mio cuscino.  Mi ricordavo esattamente quando e dove questo piccolo  sassolino  divenne importante per me. Era un lontano giorno di primavera e mi trovavo al fiume con mia sorella  Mina. Era un pomeriggio come gli altri: dopo le lezioni con il mio maestro, io e Mina eravamo andati al fiume a giocare. Passavamo tutti i nostri pomeriggi in quella riva del fiume e ci divertivamo lanciando i sassi nel fiume: chi li tirava piú lontano vinceva. Essendo io piú grande, vincevo sempre, ma mia sorella  voleva sempre la rivincita. Ormai avevamo visto centinaia di tipi diversi di sassi, ma ci stupivamo sempre ad ogni nuova forma che trovavamo. Ma quel giorno Mina ne trovò uno di un colore stupendo: azzurro cielo. Cosí invece di tirarlo me lo regalò. Fu davvero un regalo importante per me, tanto che non me ne separavo mai. Ma all'improvviso  qualcuno bussò alla porta. Si fece avanti il comandante Cordier : "Mio signore,  siamo pronti", mi disse.

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