martedì 26 novembre 2013

Caos interiore

Ormai dev'essere trascorsa quasi un'ora. Almeno lo spero.
Mi sembra di stare in questa posizione quasi da secoli. Sento un formicolio lungo le gambe e una fitta al collo. Ormai Flavio dovrebbe essere a buon punto, dovrebbe aver finito. 
Ancora non capisco questa moda dei ritratti. In  tutta la città almeno un membro delle famiglie regali si è fatto immortalare in un dipinto. Ciò che era nata per essere un'idea innovativa, è finita per diventare qualcosa di comune e ripetuto. Ahimè, anche a me è stato chiesto di posare per colui che viene definito come "mani d'oro" della città, ma non pensavo che questo lavoro potesse durare così tanto. 

Agli occhi di tutti appaio come il "re" del momento, il padre di famiglia, l'uomo per eccellenza. Se solo sapessero cosa provo. Credono che io ami la mia vita, che io abbia tutto quello che si possa desiderare, che sia felice. Ma si sbagliano. Se solo potessero leggermi dentro. Se sapessero tutto l'odio che provo, la tristezza, la malinconia, il desiderio di essere accettato. Mi piacerebbe andarmene da qui, magari trasferirmi a Firenze. 
Dovrebbero scrivere un manuale su come trattare gli esseri umani, e specialmente su come capirli. Mi piacerebbe dimenarmi, gridare con tutto il fiato che ho un gola, farmi sentire. Far vedere quanto valgo e far capire che sono molto di più che un semplice soggetto per un quadro. Vorrei dipingere su tela le mie emozioni, non il mio aspetto. Ma per gli altri è sempre così, "dipingiamo solo il BELLO, facciamo vedere alla gente che hai un volto sereno." E se io non volessi? Se l'unica cosa in grado di rendermi felice fosse essere salvato? Salvatemi da me stesso e dalla società, che lentamente mi sta distruggendo.
Ma per il momento c'è poco che posso fare. L'unica cosa che posso compiere è farmi sentire. Se non posso parlare fisicamente attraverso il quadro, lo farò col mio sguardo. Dovrò fare in modo che ogni persona, in qualsiasi parte del mondo, ascolti le parole pronunciate dal mio sguardo. Il quadro è statico, ma gli occhi parlano. Anzi gridano, urlano.

...e implorano di essere ascoltati. 

(Il ritratto scelto è il primo)

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