domenica 17 novembre 2013

L'ultimo disegno

Peter era un uomo di circa quarant'anni. Non aveva mai avuto amici, non gli piaceva uscire. Preferiva stare in soffitta a disegnare. Era la sua vera passione, l'unica cosa grazie alla quale sapeva esprimere quello che provava davvero. E dopo anni di isolamento niente era cambiato. Era ancora in quella soffitta, con un quaderno e una penna stilografica nera. Il suo stile era molto particolare: tutti i suoi disegni erano in bianco e nero, stilizzati e astratti. Nelle pagine di quel quaderno era scritta una storia ambientata in una realtà diversa dalla nostra, nella quale Peter si sentiva accettato.
In un certo senso quei disegni rappresentavano la sua vita vissuta come avrebbe voluto viverla lui. Ad un primo sguardo sembravano semplici macchie d'inchiostro, ma poi prendevano forma, coinvolgendo chi li guardava. Lì la tristezza e il dolore non erano mai arrivati, lasciando spazio alla felicità e all'amore che nessuno gli aveva dato. Sembrava che quel quaderno fosse realmente collegato in qualche modo a Peter. Infatti, essendo completamente isolato da tutto e da tutti, quella era diventata la sua vita. Parlava con i suoi personaggi immaginari, trovando in loro il conforto necessario per andare avanti e non mollare. Molte volte, quando andava al supermercato a prendere qualcosa da mettere sotto i denti, parlava ad alta voce con i suoi personaggi e per questo era ritenuto pazzo. Aveva tentato il suicidio più volte, ma era stato salvato dai vicini che, avendo sentito le sue urla, erano corsi a chiamare la polizia. L'avevano fatto rinchiudere in manicomio, ma non avendo trovato in lui nessun disturbo lo lasciarono andare. Dopo quell'esperienza nessuno l'aveva più visto, non usciva nemmeno a prendersi da mangiare, passava tutto il tempo a disegnare.  Una mattina si alzò, fece un piccolo schizzo sul quaderno e andò a fare colazione. Subito dopo si chiuse in soffitta con la sua penna stilografica e disegnò una riga, sembrava un graffio. Prese una lametta e copiò il disegno sulla sua pelle. Dopo un po' riprese in mano la stilografica e tracciò un'altra riga sul foglio, e con la lametta un'altra sulla pelle. Continuò così fino all'ottavo taglio. Ormai il sangue sgorgava a fiotti, sporcando i vestiti e tutto ciò che incontrava. Peter si mise davanti ad uno specchio e osservò attentamente la sua immagine riflessa. I suoi occhi si scontrarono con quelli del suo riflesso, rivelando uno sguardo vacuo. Dopo un paio di minuti cadde a terra e chiuse gli occhi. Allungò la mano e prese in mano per l'ultima volta la sua adorata penna stilografica. Raggiunse a fatica il quaderno e appena sotto il suo ultimo disegno scrisse alcune lettere. I suoi occhi azzurri si svuotarono, rimanendo sbarrati e vuoti, il cuore si fermò. Nello specchio brillava, nell'ultima pagina del quaderno, la parola "FINE".  

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