lunedì 11 novembre 2013

Brezza notturna

Era ancora lì. Lo sapevo.
Entrai cauto nella camera, facendo un passo alla volta. Feci attenzione a non fare alcun rumore. Mi avvicinai alla culla e afferrai uno dei lati con entrambe le mani. Il legno freddo era una gioia per le mie mani calde e sudate. 
Matteo era ancora lì. Dormiva come un angioletto. In volto aveva un'espressione beata, e teneva le mani al petto, chiuse, come per proteggersi il cuore. Era rannicchiato, ma ciò nonostante i suoi piccoli piedi erano scoperti. Rimasi a guardarlo per un po', come se volessi catturare nella mia mente quell'immagine così piena d'amore. Ma dovevo sbrigarmi se volevo che nessuno mi vedesse. Stavo per allungare la mia mano sulla sua tenera copertina con i delfini, quando mi fermai. Un oggetto aveva attirato la mia attenzione. 
Sopra la sua tenera testa vi era una specie di oggetto variopinto che oscillava a destra e sinistra. Era costituito da tanti piccoli pezzetti di vetro di mille colori, tenuti insieme da vari fili e collegati ad un unico bastoncello di legno. 
Mi ricordava molto un acchiappasogni, anche se il mio istinto mi diceva che stavo errando. C'era qualcosa di misterioso in quell'oggetto, qualcosa che mi incuteva ansia (e anche un certo terrore). Scostai la mano dalla copertina di Matteo e l'avvicinai all'oggetto. A pochi millimetri di distanza mi fermai. Le mie mani sudavano molto e non avevo la forza per allungare ulteriormente il mio braccio. Feci un passo all'indietro. Assomigliava ad un tarrocco, a qualcosa di mistico, o addirittura ad un qualche arnese preistorico. Il vetro si muoveva ballando sulle note della brezza che sopraggiungeva dalla finestra. Gli angoli a volte si toccavano, creando così un gioco di suoni piacevole per chi ascoltava. 
Nonostante l'apparenza, però, sapevo che quell'oggetto nascondeva qualcosa di lugubre e, forse, anche spaventoso. 
La luna in cielo assomigliava ad uno spicchio di arancia, e non c'erano stelle.
Riguardai Matteo che dormiva beato, ignaro di tutti i sentimenti che provavo io in quel momento. "I bambini non sono in grado di provare tutte queste emozioni", pensai, "ed ecco perché sono sempre più felici degli adulti, perché vivono nel loro non sapere". 

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