domenica 10 novembre 2013

Il mondo di Dario.

Uno spiraglio di luce penetrò nella stanza di Dario,  attraversò la piccola finestra dai vetri colorati lasciando che il calore di un tiepido sole invernale la riscaldasse.

Il ragazzo aprì gli occhi lentamente, realizzando che un’altra  giornata, ormai da tempo uguale a tutte le altre,  gli si prospettava davanti.
Dario, dal giorno in cui per uno sfortunato caso si era ritrovato a cadere malamente da una roccia durante una scalata, era semi-immobile, costretto a vivere su di una sedia a rotelle forse, come i medici avevano sentenziato, per il resto dei suoi giorni.
Dario amava tre cose più di tutto: i libri, le passeggiate quotidiane in compagnia del fratello e  il silenzio della sua stanza. Il fratello si era preso cura di lui fin dal giorno dell’incidente; lo aiutava nei compiti, a lavarsi e cambiarsi,  ad alzarsi dal letto rimboccandogli  persino  le coperte la sera.
Dario leggeva e scriveva molto. A volte   rimaneva  sveglio tutta la notte   immaginandosi di viaggiare in Paesi lontani. Fu proprio in una di quelle notti che iniziò il suo racconto più bello. Il fratello che era il suo più grande ammiratore e allo stesso tempo il suo più severo critico fu il primo a leggerlo rimanendone felicemente stupito. 
L’idea gli balenò dopo che venne eretta,  proprio nel bel mezzo del parco che i due fratelli erano soliti frequentare, una imponente  quanto misteriosa scultura. A dire il vero Dario e Matteo non furono gli unici a chiedersi cosa fosse o meglio cosa significasse e perché quell’enorme costruzione si trovasse proprio nella loro città.
L’ostilità nei confronti di quello che la maggior parte delle persone  considerava un ammasso informe di cemento,  era contenuta nei cuori di tutti.


Ma non in quello di  Dario. La struttura  era ormai entrata a far parte della sua ruotine e gli piaceva osservarla per qualche minuto dalla propria finestra, che spiccava in mezzo al verde del parco in estate  e che si uniformava d’inverno, quando la neve si posava lenta su di essa  imbiancandola tutta.  

Così un giorno,  in compagnia del fratello si recò al parco, si fece spingere fin davanti a quello che gli era sempre sembrato un grande occhio aperto su chissà quali mondi lontani. Si fermò, iniziando quindi il suo viaggio fantastico.
Immaginò che fosse sufficiente attraversare nel mezzo la scultura, per ritrovarsi dall’altra parte in un mondo parallelo, dove non era più intrappolato in un corpo che non gli consentiva una vita “normale”. Avrebbe potuto fare di nuovo tutto ciò che, in realtà, gli era impedito, come scalare di nuovo le sue amate montagne.

Quanto gli sarebbe piaciuto poter vivere in quel mondo, e lasciarsi per sempre alle spalle tutti i limiti che il suo sfortunato incidente gli aveva suo malgrado imposto. Farsi conoscere dalle persone per ciò che era realmente e non per quella persona timorosa e malinconica in cui, invece,  si era "trasformato", a causa di quella sventurata circostanza. Dario avrebbe potuto  ricominciare da capo, costruirsi una nuova vita: forse, anche incontrare, finalmente, una ragazza che sapesse amarlo.
Poi però, il ragazzo si ricordò del  fratello alle sue spalle, con un'improvvisa sensazione di colpevolezza.
Matteo che gli era stato accanto, che lo faceva ridere e che lo portava sempre con sé ovunque andasse: non era stato forse un autentico atto di crudeltà quello di riuscire ad immaginarsi, anche solo per un secondo,  proiettato in un mondo lontano, senza di lui?
Dario sorrise, tornando alla realtà.
In fin dei conti, non avrebbe scambiato suo fratello per nulla al mondo.

Neppure per un paio di gambe nuove.

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