domenica 27 gennaio 2013

Un compleanno decisivo

Danielle viveva nella cittá di Lovelock, in Nevada. Sua madre era un'importante produttrice discografica e il padre un avvocato di successo. Era figlia unica, e possedeva due cani, Zoe e Tyler. Frequentava un liceo prestigioso e sapeva suonare ben tre strumenti musicali: pianoforte, chitarra e flauto traverso.

Quella mattina c'era qualcosa di diverso nell'aria, gli uccellini cinguettavano instancabilmente,  il Sole era splendente in cielo e Tyler era insolitamente tranquillo e se ne stava all'ombra di un pino sonnecchiando e alzando ogni tanto la testa per scacciare qualche mosca posatasi sul suo naso. Era una giornata perfetta, forse troppo perfetta.
Danielle sentí la sveglia suonare, sbuffò, la spense e si girò dall'altra parte. Non se la sentiva proprio di andare a scuola, anzi, non se la sentiva proprio di uscire dal letto. Stava ancora pensando a qualche scusa da utilizzare, quando in una frazione di secondo sentí freddo alle gambe. Provò a dare un'occhiata e vide, con gran stupore, due figure prostrarsi su di lei. Erano mamma e papà che, dopo averle tolto la coperta di dosso, tenevano ora in mano una tortina. In quel momento Danielle avrebbe desiderato trovarsi in qualsiasi altro posto, ma non lí. Avrebbe voluto evitare quella giornata, ma non poteva: era il giorno del suo compleanno.
Nel malinconico tragitto verso scuola la giovane incontrò una ventina di persone che le fecero gli auguri, e tutto ciò si prolungò anche al liceo. Danielle si rivolse verso gli altri con un sorriso falsissimo e affrontò le ore di lezione che le rimanevano.
Poi, verso le cinque di sera si incamminò verso la stazione degli autobus. Danielle odiava il giorno del suo compleanno già da parecchio tempo, forse fin da quando era nella culla. Per quanto potesse ricordare, non c'era mai stato un anno in cui le fosse piaciuto. Non capiva il motivo di questa cosiddetta "festa". Perché festeggiare un anno in piú di vecchiaia, perché era una cosa cosí felice per le persone? Qualcuno si era mai chiesto perché un ragazzo di  tredici anni é piú contento rispetto ad un cinquant'enne? Semplice, per i giovani il compleanno non é visto né come simbolo di invecchiamento, né come anniversario della propria nascita. Per loro é solo un'occasione in cui si possono organizzare grandi feste e ottenere enormi quantità di regali. Danielle, poi, non sopportava  il comportamento delle persone in quel giorno. Gente che nemmeno si conosce che si trasforma nel tuo migliore amico travolgendoti con mille baci e abbracci e augurandoti gioia e felicità. Per non parlare di coloro che ti trattano male per un anno intero e poi, per il tuo compleanno, diventano dolci come un bigné. Se la gente voleva essere gentile con lei, pensava Danielle, allora doveva esserlo anche durante tutti gli altri giorni dell'anno, ovvero durante i non-compleanni, citando il famoso Cappellaio Matto di  'Alice e il  paese delle meraviglie'. Quest'ultimo sì che festeggiava! Thé, canti, danze; tutto era lecito durante quei giorni. Era questo che la giovane desiderava: che le persone le sorridessero sempre,  che le augurassero una buona giornata, che fosse il suo compleanno o meno.
Ma Danielle era nata alle 20:36 del 30 marzo, e in quel momento erano solo le 20:00, quindi lei aveva e ancora 16 anni teoricamente. Aprí la porta di casa, si accorse che i genitori erano assenti e si diresse verso camera sua. Tentò di accendere la luce, invano. Fosse stato un film dell'orrore, in questo momento avrebbe nascosto la testa sotto le coperte. Estrasse il cellulare e , facendosi luce con esso, si diresse in soffitta. Sbatté contro un mobile, facendo cadere qualche libro, poi alzò la leva della corrente. La luce si accese automaticamente. Si avvicinò ai tomi caduti e li rimise al loro posto. Da uno cadde un foglio. Incuriosita Danielle non esitò a leggerlo. Lesse tutto almeno due volte poi, con gli occhi gonfi di lacrime, corse in camera proprio mentre i suoi genitori stavano rientrando a casa. Erano le 20:40, ormai aveva 17 anni, ma nella sue testa quella parola pesava come un macigno: ADOTTATA.

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