"Festeggiamo il non-compleanno?"
"Come?"
....
Era il 22 Settembre del 2001 quando Paul, giovane di appena 34 anni, venne trasferito nell'ala più isolata del reparto. Per i medici era un caso disperato, quel ragazzo non poteva guarire, era stato sconvolto fin nel profondo da quello che aveva visto.
Ormai era totalmente pazzo.
Non parlava, a stento si nutriva e se proferiva parola era solo per ripetere le stesse cose: "Loro non hanno pietà, loro non domandano pietà...".
Quel giovane era stato spettatore, solo qualche settimana prima, del più grande colpo che l'America avesse mai subito; l'attacco e la conseguente distruzione delle Torri Gemelle.
Paul era uno dei pochi che era riuscito a fuggire in tempo, insieme a sua moglie, Linda, salvandosi così da una morte certa.
Ma qualcosa aveva perso durante la fuga...In mezzo alle urla ,alle spinte della folla, la piccola e fragile mano di Sadie, la figlia di appena otto anni, era scivolata via dalla mano di Paul e la bimba era stata così involontariamente abbandonata a se stessa, al primo piano di una delle due Torri.
E quando Paul se n'era accorto, ormai era troppo tardi. L'aveva persa per sempre.
In quel momento aveva iniziato a non ragionare, a farsi prendere dal panico e dalla follia.
Non riconosceva nemmeno più il volto rassicurante e tenero della moglie, che nonostante fosse dilaniata da un dolore enorme che poteva ucciderla internamente da un momento all'altro, cercava costantemente il contatto con gli occhi ambrati del marito che ormai erano cupi e come svuotati.
Erano passati solo tre giorni dall'immane tragedia, tre giorni da quello che doveva essere inizialmente un momento felice perché si trattava dell'ottavo compleanno di Sedie.
Paul, quasi senza rendersene conto, uscì di casa come sospinto dalla malsana speranza di poter vedere la figlioletta correre sul marciapiede inseguita da Martha, il loro bobtail.
Passò dieci giorni in ospedale. Poi tuttavia non venne dimesso ma trasferito nel reparto psichiatrico.
L'uomo non parlava e impediva ai medici di poter trovare qualche familiare che lo affiancasse durante la convalescenza. Ripeteva sempre le stesse parole, ogni giorno, alla stessa ora, come se un orologio scattasse dentro di lui...
Si trovava nell'ala più isolata, lontano e al sicuro da chi era considerato più matto di lui.
Restava perennemente seduto, immobile, su di una piccola poltrona posizionata davanti ad una finestra dotata di grate che avevano lo scopo di impedire un'ipotetica fuga.
Osservava il sole sorgere e tramontare, il mondo che continuava a girare evitando, comunque di parlare.
Paul avrebbe voluto vivere solo per 364 giorni all'anno saltando per sempre quel 11 Settembre, quell'ottavo compleanno di sua figlia., quel giorno straripante d'orrore. Se vi fosse riuscito sapeva, in cuor suo, che avrebbe ritrovato un po' di pace.
Un giorno, una donna alta, con uno sguardo pieno d'amore e di disperazione penetrò nella sua stanza, osservandolo con tristezza.
Paul la riconobbe. Quel volto, nonostante tutto l'avrebbe riconosciuto ovunque, la sua bella Linda.
Per quanto si sforzasse, non era in grado di dire nulla, tranne:
"Festeggiamo il non-compleanno?" disse l'uomo quasi in preda alle lacrime, quasi tradendo un'emozione per la prima volta da quando era stato internato.
"Come?" chiese Linda
"Il non-compleanno della mia piccola...è oggi, è domani, è per sempre.."
"Va bene Paul, ma adesso... andiamo a casa.."
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