‘‘Vado ad imbucare una lettera per il mio ragazzo che adesso si è arruolato nell’esercito’’
‘’Ho scritto una lettera ai miei genitori che lavorano lontano’’ da quanti anni, ormai, non si sentono frasi del genere?
E’ triste lo so, la nostra generazione non comprende l’ansia di attendere con impazienza una lettera da un caro, mettere da parte la paghetta per comprare un francobollo, lo ‘‘scrivere fitto fitto’’ per non consumare i fogli che a quell’epoca costava tanto...
E come noi non comprendiamo queste situazioni, non le comprendeva neanche Mathilde.
Mathilde era una ragazzina nata alla fine degli anni novanta, da una famiglia non così benestante ma neanche così povera, che abitava in una minuscola città del nord Italia.
Mathilde girò le chiavi nel polveroso chiavistello della porta, per entrare in casa, quando si stupì dell’eccessivo e anormale ‘‘buio’’ che regnava sull’appartamento... e solo quando si tolse dalle orecchie le cuffie dell’ipod, si rese conto che era tutto così silenzioso.
La casa era caoticamente silenziosa, la quiete risuonava nelle sue orecchie, fino a farle venire la pelle d’oca. Facendo dei passi esitanti si avvicinò all’interruttore della luce che insicura, accese.
Perché la lettera sul pavimento, che pareva lasciata lì dalla fretta, attirò subito il suo sguardo. Si inchinò, la prese e la aprì. (Vide che il mittente era sua madre)
Non la lesse. Rimase rigida, in piedi, l’unico segnale di vita da parte del suo corpo erano le mani fredde e tremanti che per poco non lasciavano scivolare la lettera.
Mathilde, che si trovata al centro della sala, si confondeva (come mimetizzata), con la stanza, ambedue silenziose in attesa di un ‘‘qualcosa’’ che accadesse.
Nulla, non accadde nulla. Eccetto quello che mormorava la sua mente, ormai lontana chilometri. La ragazzina cominciò a domandarsi a cosa fosse dovuta quella lettera da parte della madre...
‘‘prima o poi me ne vado dall’Italia’’ aveva detto sua madre in un momento di collera, qualche giorno prima, ma lei non voleva crederci. Eppure, più pensava, più le cominciava a sembrare verosimile... Magari, la madre non avendo coraggio di parlarle di persona le aveva scritto una lettera dicendo che si sarebbero trasferite, chissà in quale paese!
In lei, in quel momento, il terrore.
‘‘Affronta la realtà’’ le diceva sua madre.
Quindi, senza altri ripensamenti con occhi ancora tremanti scorse la lettera...
...Dopo averla letta, si abbandonò sulla poltrona ...e con un soffio di sollievo, chiuse gli occhi.
La tentazione di non dirvi quello che c’era scritto sulla lettera è notevole, vorrei ‘’uccidervi’’ come quella lettera misteriosa aveva quasi trafitto la ragazza, ma mi sento di dover dire, ai miei lettori, che quella era una lettera scritta dalla madre per lamentarsi con i vicini di casa che il sabato sera erano troppo rumorosi, e che per sbaglio era uscita dalla borsa.
Dunque, la lettera non doveva‘’uccidere’’ la ragazza, ma forse, bensì i suoi vicini di casa!
É bella,ho sempre pensato al peggio fino alle ultime righe!ahahah!
RispondiEliminaGrazie, Dalcy! obiettivo raggiunto allora :)
Eliminabello! Sarebbe stato ancora più efficace senza le due righe finali :)
RispondiEliminaci sono alcuni errori:
chiavistello > serratura
inchinò> chinò
forse, bensì> o l'uno o l'altro
Ero abbastanza dubbiosa sull'ultima riga,
Eliminagrazie mille per le correzioni :)