Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers". I vestiti erano tutti sgualciti e quella che prima doveva essere una giacca di pelle, ora era per metà intrisa da fango e molta. A stento riusciva a tenersi in piedi e barcollava, aggrappandosi qua e là ovunque trovasse appiglio. Cantava e parlava da solo a voce alta, facendo complimenti non molto decorosi ad ogni fanciulla che gli passasse di fronte. Questa scena ormai era diventata quotidiana. Da quando la moglie lo aveva lasciato portando con sé anche la figlia di dieci anni, Terry si era dato all'alcol e al gioco d'azzardo, sperperando così tutti i suoi averi. Ormai erano passati quasi vent'anni da quel giorno, ma il rancore e la depressione non erano svaniti dal volto del vecchio Lennox.
Quella notte, saranno state più o meno le undici, una forte pioggia colpì la nostra cittadina, distruggendo i raccolti e recando danni alle vetture. E immaginatevi la mia sorpresa quando, affacciandomi alla finestra, vidi lo stesso Terry Lennox che, sempre ubriaco fino alla punta dei piedi, cantava un inno alla luna. Sotto quel temporale stava andando incontro ad una terribile bronco polmonite. Cosa potevo fare, se non accoglierlo in casa mia? Abito in questo piccolo paese da poco, la casa è ancora vuota e i mobili sono pochi, ma un letto in più c'è sempre. Così presi una coperta, misi la giacca, un cappello di lana e uscii. Mi avvicinai a lui e lo presi per una manica, spingendolo verso casa. Lui, forse credendo che gli volessi fare del male, cominciò a opporre resistenza, urlando di lasciarlo in pace. Sospirando, gli dissi che volevo aiutarlo, altrimenti sarebbe morto lì fuori, così si lasciò guidare. Lo feci accomodare sul divano, gli tolsi i vestiti bagnati e lo coprii con ben tre coperte. Poi andai in cucina a preparare qualcosa di caldo da mangiare. Quando tornai lo trovai sveglio, mentre fissava il soffitto con un braccio dietro la testa. Mi guardò per un secondo e poi ritornò nella posizione iniziale. Mi avvicinai a lui con la zuppa in mano e gliela porsi. Temevo che l'avrebbe rifiutata, e invece non solo la prese, ma la mangiò di gusto.
Dopo qualche cucchiaiata si fermò, mise giù la tazza e mi chiese perché lo stavo aiutando. Dal tono di voce riuscivo a capire che la sbronza non era ancora passata, ma il suo sguardo e i suoi occhi mi fecero intuire che quella domanda era sincera, lui voleva davvero sapere (e forse era questa la vera questione che si era posto) come un essere vivente potesse offrire aiuto ad una persona come lui. I suoi occhi erano grigi, molto profondi e mi fissavano in attesa di una risposta. Gli dissi che è cosi che si fa, non si può lasciare una persona morire sotto la pioggia.
-Anche se questa persona è cattiva?- mi rispose.
-Non credo che tu sia una persona malvagia, e credo che nemmeno gli altri lo pensino. Sei solo un individuo che ha fatto le scelte sbagliate.-
Mi guardò, poi riprese a scrutare il soffitto. -Ho permesso che mia moglie mi lasciasse, insieme a mia figlia. Le chiesi se potevo vederla almeno una volta al mese, ma me lo negò. La scelta più saggia mi era sembrata scomparire nel mondo dell'alcol, perché in fondo nessuno presta attenzione ad un ubriacone per strada.-
Gli domandai come mai la moglie lo aveva abbandonato, ma non mi rispose. -Grazie per la zuppa, ma non dovevi disturbarti.- Detto ciò si girò dall'altra parte, con l' intenzione di farmi capire che voleva dormire.
Quella notte lo sentii piangere, un pianto liberatorio e triste, che fece rattristire anche me. Mi resi conto che non dovevo lasciare che Terry Lennox abbandonasse la mia casa, dovevo scoprire la verità e aiutarlo, perché, in fondo, è questo che una figlia farebbe per il proprio padre.
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