La notte del trenta agosto 2039 un'ondata di caldo eccezionale soffocava gli Stati Uniti.
Il termometro a New York segnò quarantadue gradi; a mezzanotte tutte le docce della città emisero un ululato di agonia, e il rantolo delle tubature annunciò che l'erogazione di acqua era sospesa fino alle otto di mattina. Ma non era l'unica parte del nostro pianeta ad essere soffocata dal caldo. Nello stesso istante in Italia, in Europa, più precisamente a Venezia, il livello dell'acqua si stava alzando sempre di più. Erano passati ormai quasi cinque anni da quando l'intera città era stata ricoperta ed era sprofondata nell'oscurità degli abissi. Gli studiosi l'avevano definita "la catastrofe naturale peggiore negli ultimi vent'anni". E avevano ragione. I ghiacciai si stavano sciogliendo sempre di più, alcune specie animali rischiavano l'estinzione e i raccolti nei campi erano sempre meno abbondanti. Quello che fino a quarant'anni prima sembrava il trailer di un film sui disastri ambientali, adesso rischiava di trasformarsi in realtà.
Il caldo era insopportabile: offuscava la vista e non permetteva di ragionare con lucidità. Ma quelli che ho elencato non sono gli unici effetti del surriscaldamento globale. Provate a pensare: scioglimento dei ghiacciai, quindi aumento del livello del mare. Questo porta maggiori concentrazioni di nubi, e quindi tempeste disastrose. E questo sarebbe solo l'inizio. Uragani, terremoti, tornado violenti e moltissime altre calamità naturali minaccerebbero il nostro pianeta. Ma come siamo arrivati a tutto ciò? Semplice. La colpa è prevalentemente degli umani. Noi stessi stiamo creando un mondo che ci porterà alla rovina. Ma in che modo l'abbiamo fatto? Pensate a tutte le volte che usate l'automobile per spostarvi di cinquecento metri, invece che andare a piedi. O a tutte le volte che utilizzate bombolette spray. O, ancora, alle numerose industrie che inquinano l'aria. Ebbene, questi sono tutti fattori che portano all'aumento del riscaldamento terrestre.
(...)
La maestra Hover parlava e parlava, ma c'era un alunno in fondo alla classe che ormai non prestava più attenzione. Sudava freddo e le mani tremavano come foglie. Muoveva gli occhi velocemente e aspettava con impazienza la fine della lezione. Quando suonò la campanella, il piccolo Thomas afferrò al volo il suo zainetto e si fiondò fuori dall'aula. Corse a perdifiato fino a casa, rischiando di cadere per ben due volte. Quando arrivò si precipitò in bagno e aprì il cassetto di sua madre. Afferrò tutte le bombolette di spray per capelli che aveva appena acquistato e le gettò nel cestino.
Immaginatevi la sorpresa della mamma quando, quella stessa sera, trovando tutti quei contenitori apparentemente usati, pensò di avere un figlio parrucchiere.
Ora, trenta agosto 2039, colui che un tempo era il "piccolo Thomas" lavora come scienziato per uno dei più importanti centri ambientali di Hong Kong e, insieme ad altri colleghi, studia modi per fermare il surriscaldamento globale.
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