“E’
possibile percorrere un’altra strada, imparare di nuovo a percorrere le vie
della pace?”
E’
ciò che Papa Francesco domanda al mondo intero riferendosi alla devastante
guerra che ogni giorno lacera i territori Siriani. Ed è davvero possibile trovare un’altra
opzione valida, una alternativa che non
comporti sofferenza , morte e distruzione? Ma la domanda vera è, chi conduce
questa guerra è disposto a trovare un’altra
strada, o è proprio la guerra che
vuole?
Mi
è stato chiesto di esprimere i miei dubbi e le mie opinioni sulla Guerra in
Siria e per farlo mi sono documentata ascoltando telegiornali e leggendo giornali on-line.
Durante
queste ricerche sono stata particolarmente colpita da quante donne e bambini siano rimasti coinvolti in questa (a
mio parere) insensata e futile guerra.
6.087
bambini hanno perso la vita dal 18 marzo 2011, data d’inizio della guerra
civile siriana. Per molte persone si
tratta solo di un semplice numero ma in
realtà queste morti così ingiuste pesano sulle coscienze di tutti noi.
Questi
bambini sono costretti ogni giorno a fuggire lontano con le loro madri per poter sopravvivere, lasciando i padri a
combattere anche per la loro libertà. Attraversano frontiere, camminando per migliaia di kilometri per
approdare in un luogo più sicuro.
Molte
nazioni non si sono dimostrate pronte ad aiutare coloro che ogni giorno soffrono e vivono con
la paura di addormentarsi senza sapere se potranno risvegliarsi il giorno
successivo.
E’
il caso della Svizzera rifiutatasi di accogliere quindici profughi Siriani (tra
cui appunto sei bambini), rimasti bloccati alla stazione di Domodossola, senza
la possibilità di raggiungere i loro parenti che vivono in centro Europa.
Non
c’è vergogna più grande di quella dimostrata da chi nega aiuto a chi si trova
in un particolare stato di sofferenza obbligata.
Penso
che sia necessario trovare il modo e la maniera di porre fine a tutto il dolore
e la distruzione che ogni guerra inevitabilmente porta sempre con sè.
E’
vero, è difficile a volte se non addirittura impossibile conciliare interessi
economici, fedi religiose da secoli distanti tra di loro. Da un lato, gli USA che da anni si erigono a baluardo
della democrazia per una Siria più vicina a loro, dall’altro la Russia che vuole comunque mantenere
il ruolo di grande potenza nel panorama mediorientale.
Ma
non è combattendo o appoggiando i ribelli o il regime, causando così la morte
di tanti innocenti che le cose miglioreranno.
Forse
la gente semplice come me, così lontana sia geograficamente che per usi e
costumi dal popolo siriano poco può fare se non parlarne e tenersi informata
nel tentativo di comprendere il perché, anche se non c’è mai un perché in tanta
barbarie. Credo che il capire per
progredire sia un passo fondamentale.
E’
questo che secondo il mio parere dovrebbero fare i grandi, i potenti, coloro
che hanno in mano le sorti dell’intera umanità. Non inviare militari e armi ma
cercare di capire queste popolazioni, i loro problemi, le loro esigenze, la
loro sofferenza.
Il
Presidente Obama che «per i suoi sforzi
straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione
tra i popoli» è già stato insignito nel 2009 del Premio Nobel per la Pace, può
fare molto e sono sicura, lo farà.
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