‘È terribilmente
triste’ è questa la cosa che ho pensato la prima volta che la vidi, che era
anche bellissima me ne accorsi dopo un po’.
Era sempre lì, seduta sulla stessa panchina, ad aspettare qualcuno che non arrivava mai. Abitavo in quella via e ogni giorno quando tornavo a casa lei c’era sempre, con il sole o con la pioggia, su quella panchina, a leggere qualche raccolta di poesie di autori sconosciuti. Mi resi conto che da lontano sembrava più vecchia, un giorno la guardai attentamente e mi resi conto che non doveva avere più di venticinque anni. Mi chiedevo cosa ci facesse una donna bella e giovane sempre su quella panchina alla stessa ora. I giorni passavano veloci, ormai mi ero abituato alla sua presenza, ma non riuscivo a smettere di pensare a lei. Una sera mentre tornavo a casa alla solita ora, mi decisi a parlarle, l’avevo vista così spesso nelle ultime settimane che era come se la conoscessi già. Ero partito con l’intenzione di chiederle qualcosa sul tempo o una delle solite cose che si dicono per rompere il ghiaccio, ma una volta fermatomi davanti a lei mi fissò con uno sguardo così intenso, era qualcosa di indescrivibile. L’unica cosa che riuscii a dirle fu: ‘Scusi signorina, potrei dipingerla?’ Lei mi fece un mezzo sorriso e acconsentii con un lieve cenno del capo. Io sono un artista e non uscivo mai senza la mia tela e i miei pennelli, sempre pronto a dipingere qualunque cosa mi colpisse. Rimase immobile per tutto il tempo, senza dire una parola e nemmeno io riuscivo a dire niente, ci scambiavamo solo sguardi vuoti senza far trapelare alcuna emozione. Quando ebbi finito la ringraziai e lei mi salutò tornando subito a posare gli occhi sul suo libro di poesia. Non riuscii a dormire quella notte, pensai solo a lei. Il giorno dopo avrei voluto sedermi accanto a lei, ma quando andai a cercarla lei non c’era più e la panchina era rimasta vuota. Non la rividi mai più, se non nel mio quadro.
Era sempre lì, seduta sulla stessa panchina, ad aspettare qualcuno che non arrivava mai. Abitavo in quella via e ogni giorno quando tornavo a casa lei c’era sempre, con il sole o con la pioggia, su quella panchina, a leggere qualche raccolta di poesie di autori sconosciuti. Mi resi conto che da lontano sembrava più vecchia, un giorno la guardai attentamente e mi resi conto che non doveva avere più di venticinque anni. Mi chiedevo cosa ci facesse una donna bella e giovane sempre su quella panchina alla stessa ora. I giorni passavano veloci, ormai mi ero abituato alla sua presenza, ma non riuscivo a smettere di pensare a lei. Una sera mentre tornavo a casa alla solita ora, mi decisi a parlarle, l’avevo vista così spesso nelle ultime settimane che era come se la conoscessi già. Ero partito con l’intenzione di chiederle qualcosa sul tempo o una delle solite cose che si dicono per rompere il ghiaccio, ma una volta fermatomi davanti a lei mi fissò con uno sguardo così intenso, era qualcosa di indescrivibile. L’unica cosa che riuscii a dirle fu: ‘Scusi signorina, potrei dipingerla?’ Lei mi fece un mezzo sorriso e acconsentii con un lieve cenno del capo. Io sono un artista e non uscivo mai senza la mia tela e i miei pennelli, sempre pronto a dipingere qualunque cosa mi colpisse. Rimase immobile per tutto il tempo, senza dire una parola e nemmeno io riuscivo a dire niente, ci scambiavamo solo sguardi vuoti senza far trapelare alcuna emozione. Quando ebbi finito la ringraziai e lei mi salutò tornando subito a posare gli occhi sul suo libro di poesia. Non riuscii a dormire quella notte, pensai solo a lei. Il giorno dopo avrei voluto sedermi accanto a lei, ma quando andai a cercarla lei non c’era più e la panchina era rimasta vuota. Non la rividi mai più, se non nel mio quadro.
l'idea mi è piaciuta moltissimo! che dolce tristezza :) brava ex socia!
RispondiEliminaavevo scritto un commento, ma non si legge più... comunque il tuo lavoro mi è piaciuto, anche se, forse, il finale è prevedibile.
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