mercoledì 16 ottobre 2013

Scusami, William.

Era proprio questa canzone che stavo suonando seduto al mio pianoforte bianco, al centro di un immenso salone, in un vecchio appartamento di New York. Era tardi e la città aveva già indossato lo scuro mantello del cielo notturno che pareva privato delle sue stelle a causa delle luci al neon che esplodevano nelle insegne e nei grattacieli. La folla si agitava nelle vie come l'acqua di un mare in tempesta. Perfino i bambini si divertivano a rincorrere gli spruzzi d'acqua in una fontana. 

"Mezzo Forte". Non bastava, la città mi inglobava ancora nel suo indistinto fracasso. Le strade impazzivano di automobilisti inferociti divorati dallo stress della loro stessa esistenza. 

"Forte". Ancora non era sufficiente. Le mie dita spingevano sui tasti bianchi e neri. Volevo che fosse la mia musica, per un giorno, a dominare sul mondo di New York; avrei smesso di essere io, silenziosa. Sarebbe stata la città a tacere, per un attimo, ed ascoltare il mio messaggio. 

"Fortissimo". Mi sentivo padrona del mondo. Il cuore mi esplodeva nel petto, tenendo il ritmo costante. 

Uno sparo. 

"Pianissimo". Ce l'ho fatta, il mondo esterno mi presta attenzione, vogliono sentire la MIA musica. 
Che dolore. Il cuore è stanco, il ritmo sta rallentando. Le dita si fermano, e c'è solo il silenzio. 

Volgo lo sguardo alla grande Luna. Un arcobaleno colora i miei occhi per l'ultima volta. 
 " Scusami William, mi spiace per te ma è la fine ".

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