Oggi
sono andata a Yale.
Sì,
proprio lui, proprio quello svitato che s'è affettato via un
orecchio.
E
a voi cosa importa del fatto che io vada a vedere il mio quadro
preferito?
Probabilmente
niente, ma a me non importa che a voi non importa, ve lo racconto lo
stesso.
L'Art
Gallery è qualcosa di assurdo: un edificio modernissimo fatto
interamente di vetrate e così luminoso che sembra quasi di essere
“en plain air”. Lo trovo orribile.
Non
si può cero dire che ci sia un'atmosfera rilassante lì dentro; con
tutti gli uomini della security appostati ad ogni angolo che ti
guardano con fare sospettoso e indagatore come se tu potessi
nasconderti una tela di un metro per un metro e mezzo sotto la giacca
da un momento all'altro.
A
dirla tutta io odio i musei, ma amo quello che contengono, quindi
sono costretta a fare buon viso a cattivo gioco.
Comunque
arrivo finalmente davanti al quadro di Vincent e rimango stupefatta:
non so come mai ma nel mio immaginario l'avevo sempre pensato come un
quadro abbastanza grande con una cornice enorme... invece mi trovo
davanti un quadretto dalle dimensioni modestissime e con una
cornicetta insulsa.
Ciò
non toglie che fosse meraviglioso certo che quello svitato di Vincent
ci sapeva fare con il pennello.
Avrei
voluto fermarmi a scattare quel centinaio di fotografie ma il tizio
della security che mi fissava come se avesi in mano una granata e non
una macchina fotografica mi metteva troppa ansia quindi me ne sono
andata dopo aver fatto una sola foto, per di più senza flash.
Esco
in fretta e furia dall'Art Gallery dato che è l'orario di chiusura
(come mi ha fatto “gentilmente” notare la ragazza della
reception).
Quando
arrivo a casa faccio appena in tempo a gettarmi sul divano che subito
bussano alla porta, mi alzo e vado ad aprile strascicando i piedi.
Mi
ritrovo davanti due tizi in divisa che, con espressione gravissima,
mi intimano di seguirli senza darmi uno straccio di spiegazione. Mi
fanno salire sulla volante senza dire una parola e mi portano in
centrale.
Una
volta lì l'uomo che identifico come “Il Capo” mi informa che
appena dopo la chiusura dell'Art Gallery il guardiano si è accorto
che “Il caffè di notte” è scomparso, e che, stando alle
registrazioni, nessuno ha lasciato l'edificio dopo di me.
Fantastico,
ci manca solo che io venga indagata per aver trafugato un'opera
d'arte che vale più di tutti soldi che guadagnerò nella mia vita.
Ovviamente
la mai parola conta di meno di quella della segretaria che porta il
caffè delle 10.00.
Mi
spiegano che verrà fatta perlustrare casa mia da cima a fondo e che
verranno prese le mie impronte digitali.
Logicamente
a nessuno è venuti in mente che il quadro potesse essere ancora
dentro l'Art Gallery ma visto che tutto quello che dirò potrà
essere usato contro di me me ne sto zitta e buona nell'attesa che
qualche poliziotto venga a riferire che hanno ritrovato sotto al
letto dell'Indagata la collezione di figurine Pokèmon di quando
aveva dieci anni.
Essere
sospettati non è come nei film, non ti lasciano certo lavorare
gomito a gomito con l'avvocato o l'investigatore... avrei più
compagnia in isolamento.
Ma
perché sono andata al museo di Yale oggi? Io odio i musei non potevo
starmene a casa e limitarmi a guardare le foto dei quadri in HD su
internet?
Ovviamente
no.
Non
mi resta altro che aspettare che questi si accorgano che l'unica cosa
che io abbia mai rubato è un sacchetto di caramelle gommose a sette
anni.
che a voi non importa> che a voi non importi
RispondiEliminala mai parola >la mia
è venuti in mente>è venuto in mente
:-)
...a proposito: "Il caffè di notte" conservato all'Art gallery è questo: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/5e/Vincent_Willem_van_Gogh_076.jpg/230px-Vincent_Willem_van_Gogh_076.jpg
RispondiEliminaQuesto, invece, è conservato al Museo Kröller-Müller di Otterlo.