domenica 6 ottobre 2013

Guerra? No, grazie.


Parlare. Parlare di quello che accade in Siria, cosa ne penso, quali sono le mie opinioni.
Ammetto, mio malgrado, di essermi ritrovata poco preparata quando ho visto gli "argomenti della settimana". Per questo motivo ho dovuto innanzitutto informarmi. Giornali, telegiornali, persino gli anziani in paese ne parlano. Ormai la notizia è sulla bocca di tutti. Eppure i primi movimenti del popolo in Siria li abbiamo avuti nel 2011, nonostante ciò è soprattutto negli ultimi periodi che la gente parla, parla, parla, più di quanto non abbia mai fatto. E se in ogni parte del mondo le persone riflettono e discutono su quello che sta avvenendo, è proprio in Siria che la gente ormai non parla più. Là, hanno preferito accantonare le parole, e ricorrere ai fatti. 

Siria è il nome di un dramma. Un tempo era un Paese dove vivevano insieme minoranze religiose ed etniche; un Paese meraviglioso, con monumenti di tante civiltà. Un giorno del 2011 ha sperato nella libertà. Uomini, donne, giovani, sono scesi per strada chiedendo al regime una svolta, ma hanno pagato un prezzo durissimo. Tutto si è radicalizzato in qualche mese: dal confronto pacifico alla lotta armata. 
Cosa penso? Penso che questa guerra non abbia senso. Quello che ci differenzia dagli animali è la razionalità, e la capacità di esprimerci liberamente usando un briciolo di coscienza. E allora perchè si è giunti al confronto armato? Perchè far crescere ogni giorno il numero già elevatissimo di vittime? La popolazione siriana non deve più essere ostaggio di guerra. Si deve ricominciare a parlare: una grande lotta è già in atto e rischia di estendersi. 

"Le conoscenze di un individuo hanno valore soltanto se possono permettergli di capire il mondo in cui vive ed eventualmente permettergli di modificarlo a suo vantaggio.", ha detto una volta Piero Angela. Ebbene, occorre che le persone sappiano cosa sta accadendo. Come popolo italiano dobbiamo essere informati su quello che accade poco lontano da noi. 
Adesso, quando sento parlare della guerra in Siria, il mio primo pensiero va teneramente a tutti i bambini che vogliono solo vivere la loro misera vita, ma che ogni giorno vedono persone, tra cui i propri cari, morire davanti ai loro occhi. Immagino tutti gli edifici crollati e devastati, e alle persone morte solo perchè si trovavano "nel posto sbagliato, al momento sbagliato". L'inverno è alle porte: cosa si farà quando mancheranno il pane e le medicine? Immagino i raccolti bruciati, straziati; le strade insicure, esposte ad attacchi o a posti di blocco. A volte per spostarsi, anche su brevi distanze, ci vogliono ore. Ogni giorno le persone si svegliano già con l'immagine di massacro negli occhi, e si domandano a quale dei propri conoscenti dovranno dire addio oggi. Aprono gli occhi e sentono nell'aria l'odore della paura e della strage. Immagino madri morire di dolore il giorno in cui piangeranno sul corpo senzq vita del figlio. 

E allora cosa posso fare?
Io forse nulla. Posso solo nutrire e tenere per me la mia idea di una pace futura. E magari posso trasmetterla a qualcuno che conosco, che a sua volta farà lo stesso, finchè non diventeremo un gruppo, e infine un popolo con la stessa idea. Allora sì, che forse faremo qualcosa di concreto per porre fine alla guerra in Siria. 

"Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo è un'altra." (Emilio Lussu)

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