Tentai di aprire gli occhi. Facendo fatica per via della luce puntata contro di me, intuii che dovevo aver dormito per molto tempo. Piano piano mi ripresi e mi guardai intorno. Ero seduto su un letto, un letto d'ospedale a quanto pare. Non c'era l'ombra di medici o infermiere. La stanza era molto anonima e poco accogliente. Su una sedia erano appoggiati dei vestiti e, per terra, vi era un grosso borsone chiuso con un lucchetto. La porta era chiusa e dall'orologio sul mio comodino realizzai che forse, alle tre di notte, era normale non ci fosse nessuno in giro.
Mi alzai, poi a stento raggiunsi la finestra dall'altra parte della camera. Spostai le tende e rimasi immobile per osservare ciò che la natura mi proponeva in quel momento. Il cielo era cupo e pieno di nubi cariche di pioggia; alla mia destra si stagliava un immenso bosco, con pini e querce secolari. Alla mia sinistra, invece, un lago faceva la sua gran apparizione. Tutto era calmo e sembrava quasi che il tempo si fosse fermato. Le anatre se ne restavano tranquille sul ciglio dell'acqua, muovendo ogni tanto la testa in modo pacato.
Mi guardai di nuovo attorno e il mio sguardo si posò su quel borsone chiuso. Mi avvicinai; se le mie deduzioni erano esatte... Come immaginavo: nella tasca dei pantaloni, sulla sedia, avevo trovato un paio di chiavi. Con mano ferma e cuore a mille le infilai nel lucchetto. Ci vollero parecchi minuti per realizzare quello che era il contenuto dell'oggetto. Banconote, centinaia di banconote, dollari per la precisione. La cosa positiva era che ormai non mi sentivo più solo, viste le facce di tutti gli ex presidenti degli Stati Uniti che mi squadravano con occhi torvi.
Ancora stordito per quella scoperta, presi un paio di mazzette e mi avvicinai di nuovo alla finestra. Il cielo si era fatto ancora più grigio. I rami degli alberi nel bosco cominciarono a muoversi in modo sempre più frenetico e il vento ululante fece sbattere le ante. Nel laghetto le anatre non erano più visibili oramai, caute com'erano dovevano essersi rifugiate altrove. Per terra cumuli di foglie venivano spazzati via come carte da gioco.
All'improvviso un goccia si scagliò ad alta velocità contro la finestra. Poi un'altra e un'altra ancora. Le guardavo, come ipnotizzato. Percorrevano tutto il vetro, dall'alto verso il basso, in modo obliquo, come una lacrima che scende lungo il viso. Osservai questo spettacolo meraviglioso che la natura mi proponeva: ora anche la mia mente, i miei pensieri erano affollati e selvaggi come quel tempo. Molte, troppe domande senza risposta: perché possedevo tutte quelle banconote? Ma soprattutto, chi ero? Perché non ricordavo nulla sul mio passato e sulla mia identità?
ancora una volta mi piacerebbe leggere il seguito!
RispondiEliminabrava
Le idee mi sono venute quasi in automatico, e dover finire questo breve racconto prima mi é dispiaciuto, ma dopo sarebbe diventato troppo lungo! Comunque grazie mille professoressa!
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