Era di primo mattino, e il
sole appena sorto luccicava sulle scaglie del mare appena increspato.
Clarissa aveva dormito lì
quella notte. Era scappata di casa quando suo padre aveva cominciato ad urlarle
contro che non era in grado di fare niente nella vita e che quell’insufficienza
in matematica non l’avrebbe mai saputa rimediare.
Guardava le onde del mare
infrangersi sugli scogli, le ricordavano se stessa per tutte le volte che aveva
dovuto “sbattere la testa” per capire che tutte le cose della vita sono
delusioni.
Sua madre lavorava come
infermiera all’ospedale di Napoli vicino alla stazione centrale, mentre suo
padre faceva il meccanico.
A Clarissa piaceva molto
guardare l’alba, sentire i gabbiani che litigavano di già fra loro per i
pesciolini appena pescati, vedere i granchi che uscivano dalle piccole buche
che si scavavano fra gli scogli e osservare il mare così calmo prendere vita.
Non si era mai sentita così
sola Clarissa. I suoi genitori spesso le dicevano di smetterla di mangiare così
tanto, che poi nessuno l’avrebbe voluta nella vita se fosse stata sovrappeso e
si sarebbero vergognati di avere una figlia senza marito. La nonna, oltretutto,
le ripeteva di legarsi i capelli, che colorati in quel modo erano davvero
orribili.
Non si era mai sentita
bellissima, ma con tutti quei commenti, la sua autostima era arrivata sotto
zero, quindi aveva deciso di scappare da quel posto nel quale nessuno l’aveva
mai accettata.
Un anziano si avvicinò a lei
e cominciò a raccontarle : “Scusi il disturbo, ma ho davvero bisogno di
raccontare a qualcuno quanto io sia felice di essere nonno. Vede?” disse
indicando una bambina piccola nella culla “Ha un anno e tre mesi, è la cosa più
bella che mi potesse accadere. Sono il nonno più felice del mondo quando guardo
la mia nipotina e questa mi sorride… Non ho mai avuto l’occasione di guardar
crescere i miei figli perché lavoravo molto, ma ora che ho la possibilità di
farlo, ne sono molto entusiasta. Ma, se posso, come mai una ragazza
meravigliosa come lei è qui da sola all’alba?”
“Nessuno mi vuole e, siccome
sono maggiorenne, ho deciso di scappare da tutto e da tutti, ma non so proprio
dove andare…”
“Qual è il posto che vorrebbe
maggiormente visitare?”
“Credo che mi piacerebbe
andare a Parigi.”
“E allora che aspetta? Ci
vada!”
“Ma non so come, non ho molto
denaro con me e nessuno mi può
accompagnare.”
“Prenda la mia barca, quella
laggiù in fondo, quella blu e vada in Francia, riuscirà ad arrivarci molto
facilmente, basta seguire il proprio sogno.”
“Ma non potrei mai
accettare!”
“Non accetti il primo regalo
di tuo nonno?”
“Ma che? …” si domandò
Clarissa.
“Esatto, sono il papà del tuo
papà. Non ha mai voluto che ci conoscessimo, ma quando ho scoperto ieri sera
che eri scappata, non ho aspettato un secondo e sono venuto subito a cercarti.
Il tuo papà non sa che sono qui, è molto preoccupato per te però. Ora prendi
quella barca e vai a Parigi.”
“Prima devo fare una cosa.”
Clarissa prese la sua borsa
cominciò a correre e a correre, aveva il fiatone, ma non le importava. Arrivò a
casa, mamma e papà erano abbracciati in salotto che piangevano. Quando videro
Clarissa non potevano credere ai loro occhi. Clarissa spiegò tutta la faccenda,
del mare, dei gabbiani, della sua solitudine e del nonno.
Disse loro che lì non ci
voleva più stare, anche se in fondo voleva molto bene ai suoi genitori. Preparò
velocemente una valigia. Salutò la mamma, il papà e infine anche il “nuovo” nonno
che nel frattempo l’aveva raggiunta. Uscì dalla porta d’ingresso e si diresse
verso il porto, dal quale uscì con la barca blu.
Clarissa era finalmente
riuscita a scappare da quell’orribile posto per arrivare al suo sogno… Parigi.
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