L'altro giorno, esaminando le mie
carte, ho trovato nello scrittoio la copia di una lettera, spedita da circa un
anno ad un vecchio compagno di scuola: “Caro Gigi, mi sento un po’ in imbarazzo
a scriverti questa lettera, sai com’è, con le nuove tecnologie e i moderni
mezzi di comunicazione, io ti scrivo ancora una lettera, una lettera a mano.
Forse non mi piacciono queste avanzate tecnologie, forse preferivo quando
avevamo 14 anni e usavamo il telefono (quello grande, te lo ricordi?) una volta
al giorno e solo per dirci l’orario del nostro incontro. Mi mancano quei tempi,
a dire il vero mi manchi tu. Sai, avevi ragione (come sempre d'altronde): la
mia vita fa schifo. Vorrei poterti dire che ho una famiglia, che sono felice,
che ho un lavoro che mi consente di vantare chissà quale privilegio… la verità
è che, come dicesti una volta, vivo dietro ad un bancone di un bar e la mia
unica compagnia è la bottiglia di barbon. Vorrei ritornare ragazzo: spensierato,
senza problemi di lavoro, senza problemi economici e con in mente solamente il
pallone; ma purtroppo non si può tornare indietro nella vita e così sono qua,
con una penna e un pezzo di carta, a descriverti come sono e cosa sono (forse
farai persino fatica a capire ciò che ti ho scritto, dato che sai meglio di me
che in Italiano non ero una cima). Beh, questo è quanto, spero ti risponderai e
mi farai la tua solita noiosa predica: ne ho bisogno, solo tu sai spronarmi. A presto,
Gianfilippo”
Non rispose mai; forse non aveva
capito cosa c’era scritto, forse non voleva rispondere con una lettera, ma
voleva farmi una sorpresa. Avevo bisogno di lui, del mio migliore amico che se
n’era andato all’estero all’università, a fare carriera e io intanto me ne
stavo qui a bere (infatti ecco il risultato). Avevo bisogno di un amico, dell’Amico.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.