La
notte del trenta agosto 2039 un'ondata di caldo eccezionale soffocava
gli Stati Uniti.
Il termometro a New York segnò quarantadue gradi; a
mezzanotte tutte le docce della città emisero un ululato di agonia,
e il rantolo delle tubature annunciò che l'erogazione di acqua era
sospesa fino alle otto di mattina…
Mattew imprecò sonoramente quando, aprendo il getto
dell'acqua gelida del rubinetto, scoprì che non ne scendeva nemmeno
una gocciolina.
La disperazione cominciava a farsi largo dentro di
lui: aveva finito il ghiaccio nel freezer alle quattro di pomeriggio,
il suddetto freezer ed il frigorifero si erano sbrinati per essere
stati lasciati aperti nel vano tentativo di raffreddare la casa, il
condizionatore non rinfrescava niente... fin'ora aveva risolto il
problema del caldo torrido facendosi una doccia gelida ogni cinque
minuti circa, ma adesso?
Sconsolato guardò il termometro che segnava i
trentotto gradi. In casa.
Per fortuna era a casa da solo e quindi
quell'isterica di sua sorella non poteva rompere le scatole con tutte
le sue scenate; dopotutto le cose potevano andargli anche peggio.
Mattew aveva appena formulato questo confortate
pensiero quando il campanello suonò.
“Se una cosa può andare peggio di come sta
andando lo farà.” -Legge di Murphy
Mai parole furono più veritiere nel caso del nostro
povero ragazzo che si scostò dalla porta guardando angosciato quel
donnone petulante ed estremamente insofferente al caldo, che era la
sua vicina, entrare in casa.
Era passato un quarto d'ora, un lungo, lunghissimo,
interminabile quarto d'ora da quando la signora Stevenson era entrata
dalla porta; un quarto d'ora durante il quale Mattew era stato
ridotto in schiavitù forzata ed era stato costretto a dare fondo
alle ultime due bottiglie d'acqua per preparare il pediluvio alla
vecchia (alla quale aveva allegramente augurato di finire nel
peggiore girone dantesco esistente), spostare il divano sotto al
condizionatore e salire dai vicini per chiedere del ghiaccio.
Finalmente si sedette per terra e, cercando di
ignorare le gocce di sudore che gli colavano dai capelli, si
addormentò.
Sognò di essere all'inferno, faceva un caldo atroce
e la stanza, tanto per essere originali, era di un rosso cupo con le
pareti di fuoco; davanti a lui c'erano quattro diavoli rossi, con
corna nere e con un lungo forcone acuminato in mano (anche loro molto
innovativi).
Questi stavano discutendo tra loro su quale orribile
tortura infliggere al ragazzo, la cui colpa era aver copiato le
risposte del compito di matematica: il primo sosteneva che avrebbe
dovuto essere frustato per l'eternità, il secondo ribadiva a gran
voce che dovevano sottoporlo alle sevizie di tutti i residenti degli
Inferi, il terzo avrebbe tanto voluto spedirlo a fare calcoli a mente
per il resto della sua interminabile vita, mentre il quarto ebbe la
madre di tutte le idee geniali: propose di affidare il povero
sventurato alle “cure” dell'anziana che sicuramente avrebbe
saputo come punirlo degnamente. I quattro spiritelli scoppiarono in
una risata sadica (altro clichè, Mattew era carente d'immaginazione)
e lo trascinarono al cospetto di un essere enorme, probabilmente
donna, che assomigliava sospettosamente alla signora Stevenson.
Il ragazzo sgranò gli occhi terrorizzato e iniziò
ad invocare pietà e ad urlare.
Riaprì gli occhi accorgendosi di essere sdraiato
sul pavimento del suo salotto, in una pozza di sudore e con la
signora Stevenson che russava sul divano.
L'orologio segnava le otto e trenta e il termometro
i ventinove gradi.
Mattew corse in bagno aprendo il getto della doccia,
la sua amata doccia, e ci si buttò sotto ancora vestito ridendo come
un bambino.
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