In alcune province si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi; in queste case vi sono forse qualche volta e il silenzio del chiostro, e l'aridità delle lande, e le rovine.
Queste case invecchiano nell'intonaco, nei muri, nelle fondamenta, nel tetto, ma rimangono intrise delle emozioni di chi vi ha vissuto.
Respirano i sentimenti di chi le osserva; assorbono l'energia di chi le ricorda.
Se si presta attenzione, si sente la loro musica: le porte che cantano con suoni acuti, le finestre che modellano il ritmo aiutate dal vento.
Il legno viene consumato giorno per giorno da piccoli insetti, il ferro, così lucente e forte, viene sfigurato dalla ruggine.
E nessuno sente, o vuole sentire il loro grido d'aiuto. Semplicemente tutto si abbandona, si affida a se stesso. Durante il giorno si accendono le macchine con il loro rumore, la notte ci si improvvisa sordi e ciechi, e ci si rifugia nel sogno.
Ma là fuori, di fronte a quelle case, nessuno può impedire loro di infondere tristezza.
E, come ultimo appiglio per la loro salvezza, ti fanno sentire malinconico, sperando che un giorno qualcuno torni ad accendere le luci, a sedersi al tavolo, e a colmare il loro senso di solitudine che ora più che mai appare loro immenso.
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