Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers"."Si ricorda altro?" mi chiese il mio psicologo.
"No." risposi io. Poi mi mostrò una foto. C'erano un uomo e una donna. Lui era Terry Lennox e lei il mio incubo peggiore: Elena.
Di me adesso si dicono molte cose, ma la più condivisa è che sono pazza. Sono in un manicomio e ho perso i ricordi di un periodo della mia vita. O almeno fino a che non vidi quella foto. Era lui, Terry Lennox. E allora cominciai a ricordare. Le immagini di quei giorni tornarono più vivide che mai.
Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers. Volevo sapere qualcosa in più su di lui, tutti dicevano che era pazzo e io volevo scoprire cosa nascondeva. Mi avvicinai, facendomi spazio tra la piccola folla che si era creata intorno a lui. Tutti se ne andarono tranne una donna. Era alta, vestita strana, sulla quarantina. Appena aprii bocca per salutare lei mi disse che non c'era nulla da vedere e mi cacciò via. Mi allontanai velocemente, scocciata dal trattamento ricevuto da una sconosciuta. Mi girai di nuovo verso l'auto e vidi l'uomo gesticolare a qualcuno dietro di me. Mi girai ma non c'era nessuno. Smise di farlo per cominciare di nuovo dopo qualche minuto. Era insistente e io non sapevo che fare. Mi girai di nuovo indietro e mi guardai intorno ma ero rimasta solo io. Feci un paio di passi avanti, trovandomi faccia a faccia con la donna di prima. Le chiesi cortesemente se potevo scambiare due parole con Terry Lennox e lei prontamente mi rispose che lui non era in grado di parlare. Doveva essere quello il motivo per cui gesticolava. Pensai che se fossi stata un po' più insistente sarei riuscita a scoprire qualcosa. Infatti, dopo qualche chiacchiera Elena, la donna strana, mi invitò a prendere il tè da lei il pomeriggio seguente. Sarebbe stata un'ottima occasione per parlare. Lei sapeva qualcosa, ne sono sicura.
Il giorno dopo eccomi in un gran salotto a mangiare pasticcini con Elena e Terry Lennox, ma qualcosa non andava. Il povero Lennox alternava momenti di tranquillità assoluta, come se stesse sognando a occhi aperti, e momenti in cui era preso dal panico e gridava aiuto, implorandomi di salvarlo. Poi scoppiò in una risata gelida assolutamente fuori luogo. Elena si scusò dell'inconveniente e si allontanò, portando via il povero vecchio. Approfittai della sua assenza per guardarmi un po' intorno e vidi un libro enorme, molto vecchio. Lo presi in mano e lo osservai. Una voce alle mie spalle mi chiese: "E' interessante vero? Le piacerebbe leggerlo?". Elena era tornata. Non me n'ero neanche accorta. Sentivo le grida soffocate dalle pareti di una ragazza. Mi girai e sorrisi goffamente, nascondendo la paura. Lei si girò, io cominciai a correre e mi nascosi in una stanza adiacente ad una specie di laboratorio. C'era una piccola finestra così mi arrampicai per vedere meglio cosa succedeva nell'altra stanza. Sentii di nuovo la risata di Elena che tornò nel laboratorio dopo qualche minuto con il vecchio, di nuovo calmo e tranquillo, senza badare a me. Adesso lui sembrava completamente presente e non dava segni di pazzia o altro. I due si guardarono e scoppiarono a ridere. Io non ci trovavo nulla di divertente.
Elena si girò e tirò fuori da un cassetto una specie di boccetta. Sembrava un profumo. Solo dopo mi accorsi che dietro il vecchio Lennox c'era una ragazza. La fece stendere su un lettino da ospedale e le fece bere quella specie di profumo. Mentre lo faceva le disse che non aveva tempo per occuparsi anche di lei, la sua sorella minore. La ragazza sembrava calma e tranquilla inizialmente, ma poi cominciò ad agitarsi. La legarono al lettino. Io sentivo le sue urla strazianti, volevo andarmene ma non potevo. Decisa a mettere fine a tutto chiamai la polizia. Ma lui mi vide. Terry Lennox mi vide alla finestra e mentre la ragazza moriva lentamente si avviò fuori dalla stanza per prendere me. Fortunatamente la polizia arrivò, ma lui scappò. Uccise la mia famiglia, mi diede la caccia per paura che confessassi tutto. Mi fece diventare pazza."
"Molto bene" mi disse lo psicologo "è riuscita a ricordare ogni più piccolo particolare. Adesso mi guardi negli occhi e ripeta: è tutto nella mia mente, non è successo niente." E così finsi di credere che era tutto inventato, ma dentro di me sapevo perfettamente che era tutto vero.
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