Si era appena insiediato nel nostro istituto. Sua mamma era diventata la nuova insegnante di ruolo di matematica. Era soprannominata da tutti, insegnanti compresi, Signorina Rotter Meier. Non sorrideva mai, nemmeno a Cris, come lo chiamavo io. A differenza di sua madre, lui era un ragazzo molto timido e piuttosto riservato, a primo impatto un ragazzo apatico e privo di sentimenti. Il primo giorno di scuola, casualmente, ci ritrovammo a condividere la coppia di banchi in prima fila, davanti alla cattedra. Ci fu presentato dalla preside, la quale ci informó che sarebbe stato nostro ospite per tutto l'anno e ci raccomandó di farci amicizia. Mi sembró impossibile all'inizio, ma giá dalla seconda settimana si riveló un ragazzo sempre piú aperto. Cominciammo cosí a legare, a scambiarci i compiti, a passare pomeriggi in biblioteca ad interrogarci e addirittura ad usicre il sabato sera. Era diventato un amico. Verso metá ottobre, la professoressa di matematica, ci spostó in ultima fila, vedendo la nostra buona condotta. Era un ragazzo per bene, perennemente intento ad appuntarsi ogni singola parola che i professori dicevano. Lo convertii in poco tempo peró. Iniziammo ad ascoltare musica durante le lezioni, scambiarci messaggi durante le verifiche e scroccavamo un paio di kit kat quando ci veniva fame. Giusto per trasgredire un po'. Dopo le vacanze natalizie, il nostro rapporto era ancora piú forte di come lo era il 22 dicembre, anche se non ci vedemmo per quasi un mesetto. I mesi successivi volarono come non mai in sua compagnia, ci fidavamo ciecamente l'uno dell'altra. Verso fine maggio cominciai a notare dei segni di disinteressamento da parte sua nei miei confronti, ma non ci feci caso dato che avevamo già in programma di andare una settimana al mare con i nostri genitori, che, a loro volta, si erano legati molto. La scuola finí e come se niente fosse Cris era tornato ad essere solare come prima, avrá solo vissuto un brutto periodo, magari a causa degli esami, che avevamo passato brillantemente entrambi. La vacanza voló e fu veramente eccezionale. Serate in spiaggia, corse sotto la pioggia erano all'ordine del giorno, non fu un'estate molto secca, tutt' altro. Tornati dal mare, ognuno nel proprio paese. Gli scrissi un paio di volte ma non mi rispose, pensai che il suo cellulare fosse rotto, anche se dava sempre on-line. Provai a chiamarlo senza successo, non rispondeva. Un giorno lo incrociai al supermercato, le nostre mamme si fermarono a parlare mentre lui si sedette su una panchina con gli auricolari nelle orecchie senza degnarmi di uno sguardo. Presa dal nervoso gli strappai un auricolare e gli chiesi che problema c'era, l'unica cosa che disse fu:« Non ho niente da dirti, tutto a posto!». Ci rimasi malissimo. Da allora non gli parlai più. Gli scrissi solo una lettera, quella che sto rileggendo adesso. Gli raccontai tutto quello che provai durante quell'anno di amicizia, non so se la lesse o se gli arrivò, ma non aveva importanza. Dopo quella mia confessione lo rividi una sola volta: in discoteca. Era cambiato. Ci scambiammo uno sguardo di sfuggita, ma niente più. Ormai eravamo estranei.
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