mercoledì 11 settembre 2013

Il posto giusto

In alcune province si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi; in queste case vi sono forse qualche volta e il silenzio del chiostro, e l'aridità delle lande, e le rovine di vecchi castelli.

Era esattamente questo il posto in cui volevo stare, un paesino semi deserto dove nessuno sarebbe venuto a rivolgermi la parola. Un posto dove finalmente sarei potuto stare completamente da solo con i miei pensieri. Mi chiamo Luca e vengo da Milano. Milano è il sogno della maggior parte delle persone e il mio peggior incubo. Odio quella città è sempre così affollata, gli uomini in giacca e cravatta che passano di fretta parlando al cellulare, le donne con i tacchi a spillo e cinque borse per mano dei negozi più costosi della città, i gruppi di turisti cinesi con Nikon di proporzioni esorbitanti, i bambini che urlano rincorrendo i piccioni, gli  adolescenti con i pantaloni a vita bassa e i cappellini da repper, le ragazze che si fanno le foto sui gradini del duomo facendo facce stupide. Odio il traffico, lo sfrecciare di macchine, l’una vicina all’altra, il rumore dei clacson, le biciclette tutte ammassate, il rumore dello scooter, la folla della metro, la voce degli annunci dei treni. Non mi piacciono nemmeno i bar, i sorrisi falsi delle commesse gentili solo al fine di farti comprare cose di cui non hai veramente bisogno, odio lo sporco delle strade, i mozziconi di sigarette in piazza, le cartacce appena fuori dei bidoni, le lattine ai lati della strada, i vetri rotti. Odio i cani che abbiano, i gatti che miagolano, i bambini che piangono, le suonerie dei cellulari, le sigle dei cartoni, i cartelloni pubblicitari, le famiglie perfette in case perfette sulle riviste, i mobili dell’ikea, i caffè dei bar, l’odore del negozio di Abercrombie, gli occhiali troppo grandi, le gonne troppo corte, il trucco troppo marcato, i fruttivendoli, i pescivendoli che urlano, i drogati nei vicoli, la gente che puzza di vino, quelli che cantano in gruppo, la gente che balla, gli artisti di strada, l’odore del cloro, le palestre, i tapirulan, l’odore di sudore. La gente non mi sopporta perché dice che non mi va bene, il che è vero, e poi è comunque una cosa reciproca, anch’io odio tutti. Non voglio parlare con nessuno, vedere nessuno, non voglio avere contatti. E adesso in questo piccolo paesino sulle montagne non dovrò più preoccuparmi di niente perché nessuno mi verrà a cercare. Sono felice così.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.