domenica 7 dicembre 2014

L'errore fatale

Non riesco ancora a capacitarmi del fatto che io sia rinchiuso qui, nelle profondità del Tartaro, è inconcepibile. Insomma il mio piano per regnare sul mondo era infallibile. Non riesco a perdonarmi il fatto di aver commesso un simile errore, come ho potuto permettermelo?

Insomma fin da piccolo ho sempre primeggiato sulla mia famiglia. Dapprima ho evirato quel fannullone di mio padre gettando il suo organo amputato nell’Egeo e da lì presi la guida del mondo. Per compassione rinchiusi nel Tartaro i miei fratelli e sposai mia sorella Rea,  la quale diventò presto il fardello.
Prima del matrimonio eravamo tutti e due felici ma, una volta sposati, al posto di essermi riconoscente sul fatto che io mi sia preoccupato della profezia enunciata da mio padre morente, che mi disse che uno dei miei figli mi avrebbe detronizzato e quindi mangiai la mia prole, lei  se ne stava tutto il giorno a lamentarsi della mia insensibilità. E io che credevo di farle un favore!
Sembrava che, nonostante Rea, andasse tutto a gonfie vele, ma i problemi iniziarono ad arrivare quando inghiottii il mio terzo figlio maschio, Zeus, il quale, per essere un bambino uguale agli altri, mi rimase sullo stomaco. Sentivo che c’era qualcosa che non andava, quel marmocchio mi era rimasto sullo stomaco. Feci l’errore di fidarmi di una donna, mia moglie. Lei aveva nascosto il bambino e lo aveva affidato a delle ninfe. Quando iniziai ad insospettirmi fu ormai troppo tardi.
Infatti, anni dopo, un giorno arrivò alla mia corte un giovane che dall’apparenza sembrava uno tutto muscoli e niente cervello. Mi offrì una strana bevanda, dato l'aspetto del ragazzo non avevo motivo di preoccuparmi di ciò che mi aveva offerto. Bevvi la bevanda in un sorso e poi lo congedai. Appena se ne fu andato Rea mi sgridò perché non ero stato riconoscente per il dono, se lo si poteva chiamare così. Era già stato tanto il fatto di averlo accolto alla mia corte, ci mancava che lo ringraziassi e che lo accompagnassi fuori.
Dopo che il ragazzo se ne fu andato iniziai a sentirmi la bile venir su per la gola e iniziai a vomitare quella che doveva essere la mia prole, la quale intanto era cresciuta nel mio stomaco. Una volta vomitati tutti quelli che dovevano essere i miei figli, essi scapparono, ma io stavo troppo male per poterli rincorrere.
Subito dopo venni a sapere che colui che mi aveva dato la strana bevanda era mio figlio Zeus e che quella bevanda conteneva un emetico e che fu stata quella farmi vomitare i miei figli compreso il sasso che Rea mi aveva dato al posto di Zeus.
Zeus, una volta liberati i fratelli, mi dichiarò guerra, che stolto! Io avevo i titani dalla mia parte, batterlo sarebbe stato un soffio.
Assaporando già il sapore della vittoria non mi preoccupai troppo del fatto che Zeus aveva dalla sua parte i sui fratelli ed miei fratelli, ciclopi e centimani, che era riuscito e liberare d dove li avevo rinchiusi.
La battaglia iniziò e, ad uno a uno, vidi i miei titani che venivano sconfitti nonostante anche loro stessero dando man forte ai ciclopi. I titani erano rimasti in pochi ma i ciclopi erano ancora di meno, sembrava che io potessi vincere, ma, quando arrivarono i centimani, fu la mia disfatta. In quattro e quattr’otto fecero fuori i miei titani. Per me arrivò il momento di affrontare Zeus. Eravamo uno contro uno, forse sarei riuscita a cavarmela, ma lui barò e si fece aiutare dai suoi fratelli. Mi sconfissero e mi spedirono nel Tartaro.
E ora mi trovo qui, in attesa di avere la mia vendetta.



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