Atene è una grande città e
farsi riconoscere per tutta la propria bravura non è un’impresa facile,
credetemi.
Eppure, io, Dedalo ce l’ho fatta perché le mie abilità di scultore e
architetto non potevano passare inosservate. Non ditelo a nessuno, ma si raccontava anche che le mie sculture fossero talmente
realistiche da sbattere le palpebre. Purtroppo, quando cominciai ad istruire
mio nipote Talo su tutti i trucchi del mestiere, lui divenne talmente bravo da
superarmi, così lo uccisi per la troppa gelosia che mi pervadeva. Il tribunale
mi condannò all’esilio, così mi rifugiai a Creta dove fui accolto benevolmente
dal re Minosse, a tal punto che mi commissionò il Labirinto per rinchiudere il
Minotauro. Un giorno, però, arrivò una bellissima ragazza, Arianna la figlia
del re Minosse, che mi chiese come aiutare Teseo, il suo amato, ad uccidere il
Minotauro e a lasciare il Labirinto. Come potevo non aiutare quella giovane
ragazza, infondo devo a suo padre la gentilezza di ospitarmi nella loro isola,
allora le diedi l’idea del famoso filo di Arianna, che tutti ben conoscete, e
che salvò il suo amato e fece trionfare il loro amore. Quando il re venne a
sapere, da qualche pettegolo a parere mio, che avevo aiutato la sua
figlioletta, non potendo prendersela con lei in persona, si arrabbiò con me e
mi richiuse insieme a mio figlio Icaro nel Labirinto. Volevamo andarcene a
tutti i costi, così mi venne in mente di ideare delle ali, visto che l’unica
soluzione per uscire era volare. Mi misi subito al lavoro e con piume tenute
insieme da cera, ebbi pronte due bellissime paia di ali. Raccomandai a Icaro di
restarmi dietro durante il volo e di non avvicinarsi troppo al Sole, altrimenti
il calore dei raggi solari avrebbe sciolto la cera. Come non detto Icaro
durante il volo, provando piacere per esso, si alzò più in alto di me facendo
in modo che i raggi sciogliessero la cera e così facendo lo fecero precipitare
nel mare, dove morì. Io continuai, triste e sconsolato, il mio viaggiò che mi
portò in Campania dove costruii un tempio dedicato ad Apollo, consegnandogli le
ali che avevo inventato, e che a quanto pare salvarono solo me.
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