Sono Crono, re indiscusso degli dei
dell’Olimpo, sovrano eterno, rispettato da chiunque, senza rivale alcuno.
Ho in moglie
la suprema Rea, sorella e compagna.
Abbiamo sempre passato una vita senza intoppi, governando in modo giusto
su tutto ciò che ci spettava di diritto. Ottenni questo posto sottraendolo a mio
padre, solamente perché ero consapevole della mia maggiore capacità di poter
amministrare quello che egli gestiva.
Non mi sono mai pentito di questa scelta, anche se tutt’ora ho il timore
dell’avverarsi della profezia di cui mi informò Urano in punto di morte: io
dovrò subire la sua stessa sorte, verrò, ugualmente a lui, detronizzato e sostituito da uno dei miei figli.
Per questo motivo, mi sono preoccupato di liberarmi della mia prole, cibandomene. Malgrado le imposizioni della contraria Rea, questo gesto, per quanto malvagio,
andava compiuto, per preservare la mia continuità nelle vesti di re.
Ogni anno digerivo un essere a cui mia moglie voleva pure mettere un nome, in
modo insensato, dato che entrambi eravamo a conoscenza della sua sorte.
Inghiottii così Estia, Demetra, Era, Ade, Poseidone e infine il piccolo Zeus.
Dopo quest’ultimo, non nacquero più figli, ma qualcosa mi turbava. Per la
venuta alla luce dell’ultimo dei nostri “discendenti”, Rea si allontanò a
partorire su una lontana montagna, forse gelosa del suo bambino, che però mi
consegnò, giustamente.
Passarono gli anni in tranquillità, senza che la profezia accennasse ad
avverarsi.
Un giorno, la titanessa Meti mi offrì una nuova bevanda, e entusiasta,
bevvi in un solo sorso; sfortunatamente questo miscuglio, era come maledetto.
Incominciai a rigurgitare quelli che pensavo fossero i miei sei nati, ma ne
vidi solo cinque, e con orrore, notai una pietra. Uno di loro aveva organizzato
questa messa in scena,uno di loro mi aveva fatto bere l'intruglio, uno di loro stava per uccidermi!
In questa maniera, Zeus, riuscì ad avere i suoi fratelli e le sorelle a fianco,
pronti a intraprendere una battaglia contro di me, per assicurarsi il trono. La guerra durò dieci
anni, e dopo questo tempo, venni sconfitto, ucciso, costretto al Tartaro. Zeus,
che era scappato dal mio potere, aveva vissuto fino a quel momento nell’isola
di Creta, e aveva portato a termine la sua missione. Ebbe il mio amato trono, e
divise quello che era riuscito a guadagnare tra i suoi fratelli. Così finisce la mia
storia, senza un lieto fine, o almeno, non per me.
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