Quella
mattina venni svegliata prima del solito: era un giorno speciale, ma
non sempre “speciale” vuol dire “migliore”.
Infatti, quel
giorno dovevano arrivare quattordici ragazzi ateniesi, sette maschi e
sette femmine, da essere mandati all'interno del labirinto del
Minotauro a Creta, per un tributo di guerra. Il Minotauro era una
creatura metà uomo e metà toro, che si cibava solo di carne umana.
Tutta
Creta era entusiasta di ciò che succedeva, soprattutto il re
Minosse, mio padre, ma io odiavo questo loro trattamento. Trovavo
tremendamente ingiusto dover uccidere in un modo del genere dei
ragazzi che non avevano nessuna colpa, ma non potevo farci nulla.
Anzi, ero costretta ad andarli ad “accogliere”, rappresentando
l'autorità. Avrei fatto qualsiasi cosa pure di fare cessare tutto
questo, ma come?
In
ogni caso, mi stavo dirigendo dai prescelti, per prepararli, quando
mi venne naturale soffermarmi su uno di loro. Era un giovane che
aveva più o meno la mia età, di una bellezza unica. Sentii qualcosa
nel petto, all'altezza del cuore, che faceva quasi male. Ma sapete,
non avevo mai provato nulla di talmente bello. Era una sensazione
stupenda. Non resistetti e andai a parlargli. Nei suoi occhi c'era
qualcosa che non avevo mai visto in nessun altro, qualcosa che mi
faceva venire voglia di saltellare in giro ridendo. Passai poco tempo
con lui, ma fu abbastanza per capire che mai e poi mai avrei lasciato
che gli succedesse qualcosa di brutto. Scoprii che il ragazzo si
chiamava Teseo e che era lì per uccidere il Minotauro e salvare la
sua gente. Capii che era destino che ci incontrassimo e, chiedendo
aiuto all'architetto Dedalo, l'ideatore del labirinto, trovammo un
modo perché tutto andasse per il meglio. Ci procurammo un rotolo di
spago, tenendo un'estremità all'entrata del labirinto, e l'altra
insieme a Teseo. Così ci salutammo, sperando con tutto il cuore che
il nostro piano funzionasse.
Passai
un po di ore fuori dalla struttura, ma mi sembrarono mesi. Ogni
minimo rumore mi faceva salire il cuore in gola, ogni animale che
usciva correndo mi faceva voltare piena di speranza, ma rimasi delusa
tutte le volte. Finché, mentre ero sul punto di addormentarmi con le
lacrime agli occhi, sentii una voce fantastica pronunciare il mio
nome. Nessun suono riesce ad essere talmente bello e a farmi colmare
il cuore di tanta gioia. Mi voltai e lo vidi, stupendo come nessun
altro. Era stanco, sudato, i vestiti sporchi di sangue, ma era lì.
Davanti a me. Gli saltai in braccio, stringendolo con tutte le mie
forze, e capii che nulla poteva più andare male. In quel momento,
con le sue braccia che mi stringevano, il suo respiro sul collo, la
sua voce che mi diceva “Sono qui, amore mio”, il mondo mi
sembrava perfetto.. E sapete, nulla sarà mai come quel momento, ne
sono sicura.
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