lunedì 5 gennaio 2015

La maledizione del labirinto

Il mio nome è Dedalo e ho una storia da raccontarvi.

Sono figlio di Metione e di Ifinoe. Venni esiliato da Atene quando ero giovane, perché uccisi mio nipote Talos,  gettandolo dall’Acropoli. Così fuggii a Creta dal re Minosse.
Lì incontrai Neucrate, una schiava del re di Creta. Mi innamorai di lei ed ebbi un figlio, che chiamai Icaro.
Il re Minosse mi incaricò di progettare e costruire una struttura: un intrico di vie e stanze da cui era impossibile uscire in cui avrebbe vissuto un essere nato dall’unione della moglie del re e un toro. Venne chiamato Minotauro, era un uomo mostruoso con testa di toro e si cibava di carne umana.  Una volta all’anno sette ragazzi e sette ragazze ateniesi venivano condotti all’interno del Labirinto e dati in pasto alla bestia. Era orribile ma potevo forse dire no al re?
Un giorno venne da me Arianna, la figlia di Minosse, mi implorò, mi supplicò di aiutare un giovane ateniese di cui si era innamorata a uscire dal labirinto. Le suggerii di utilizzare un filo per guidarli fino all’uscita e il Minotauro venne ucciso, ma quando il re venne a sapere dell’inganno, si infuriò e mi fece rinchiudere nella struttura che io stesso avevo progettato, insieme a mio figlio Icaro.  All’inizio mi disperai, non vedevo via d’uscita. Poi ebbi un’idea geniale che mi salvò la vita: costruii due paia di ali di cera e di piume, erano perfette.  Prima di spiccare il volo, raccomandai a mio figlio di non avvicinarsi troppo al sole, per non sfidare gli dei e fare in modo che la cera che teneva insieme le ali non si sciogliesse. Pensavo alla fuga e al nostro futuro e pregavo gli dei di indicarci la direzione mentre volavo sopra le acque spumeggianti del mare. Poi sentii un urlo e vidi mio figlio precipitare in mare per non più riemergere. Si era avvicinato troppo al sole o gli dei avevano voluto punirlo o punirmi. Non potevo salvarlo, non c’era più nulla da fare, raggiunsi Cuma e la Sicilia e mi rifugiai presso il re Cocalo dove ancora oggi vivo.


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