domenica 4 gennaio 2015

Spiccammo il volo...

Credo che ormai tutti conoscano la vicenda di cui io e mio figlio Icaro siamo stati protagonisti.
Già, avete capito bene, sono proprio io, Dedalo, il famoso scultore, e oggi ho deciso di raccontare la mia storia, di raccontare tutto l'accaduto dal mio punto di vista.

Tutto è cominciato quando, per aver ucciso mio nipote Talo, sono stato costretto a fuggire a Creta, assieme a mio figlio Icaro.
Il re Minosse, che aveva sentito parlare di me e della mia arte, ci accolse benevolo e mi fece una proposta...
Sull'isola viveva un mostro spaventoso, un essere mezzo uomo e mezzo toro, il Minotauro.
Per imprigionare quel pericoloso essere Minosse mi commissionò un intricato ed enorme labirinto, talmente complicato da non permettere alla bestia di uscirne.
Accettai l'incarico e progettai e costruii il famoso labirinto, ma solo dopo scoprii le vere intenzioni del Re, che erano ben più crudeli.
Come egli mi aveva raccontato, nel labirinto sarebbe stato imprigionato il Minotauro, ma ciò aveva anche un altro terribile scopo: ogni anno dodici giovani ateniesi sarebbero stati mandati nel labirinto al fine di essere divorati dal mostro, come tributo.
A quel punto non potevo farci niente, nonostante avessi creato io quella trappola non potevo cambiare le cose, la decisione del Re era legge e il Re aveva deciso così per dimostrare la sua supremazia.
Assistetti per qualche anno a quella pratica crudele fino a quando, un anno, si presentò da me Arianna, la figlia del Re.
La fanciulla mi spiegò che tra i dodici tributi c'era Teseo, un giovane valorose di cui lei era innamorata e che secondo lei sarebbe riuscito a mettere fine a tutto uccidendo il Minotauro.
Mi chiese dunque un consiglio per aiutare Teseo ad uscire dal labirinto una volta uccisa la bestia.
Il rimedio che le consigliai lo conoscono ormai tutti, il filo di Arianna, grazie al quale Teseo vinse il Minotauro e tornò vittorioso ad Atene.
Ma il bello venne dopo...
Minosse scoprì che l'idea del filo era stata mia e adirato mi rinchiuse nel mio stesso labirinto assieme a mio figlio Icaro.
Nonostante lo avessi progettato io, il labirinto sembrava troppo complicato pure ai miei occhi, non avevo fili per aiutarmi, e non sapevo proprio come fare a fuggire...
Fino a che non mi arrivò l'illuminazione: se non riuscivo a percorrere il labirinto fino all'uscita sarei scappato dall'alto!
Assieme ad Icaro raccolsi tutte le piume d'uccello cadute nel labirinto e, mettendole assieme con la cera creai due paia d'ali grandi abbastanza da trasportare me e mio figlio fuori dalla nostra prigione.
Sempre con la cera ce le attaccammo sul dorso, ci arrampicammo su uno dei muri e da li prendemmo il volo.
Prima di partire però, raccomandai ad Icaro di stare attento e di non volare troppo in alto, se si fosse alzato troppo il calore del Sole avrebbe sciolto la cera delle ali e lui sarebbe precipitato.
Purtroppo otteni il risultato opposto...
Nonostante le mie raccomandazioni Icaro, preso dall'entusiasmo del volo, si spinse troppo in alto e le sue ali si sciolsero.
Cadde nel mare sottostante e non sopravvisse.
Io invece atterrai sano e salvo, a Cuma in Campania dove passai il resto della mia vita.
Icaro avrebbe dovuto ascoltarmi, ora sarebbe ancora qui, ma almeno ci sono io a raccontare la sua storia.


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