lunedì 24 giugno 2013

Sogni narrati

Il mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo non mi lasciava mai in pace
a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni di ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa parlasse, ma per calmarlo facevo quella funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore…
mi sedevo sul tappeto persiano della sala a gambe incrociate e lo ascoltavo fantasticare su rivoluzioni, viaggi nello spazio e avventure nella giungla.
A volte, quando era particolarmente di buon umore, mimava persino le sue storie: ricordo che una volta, mentre mi raccontava di voler diventare aviatore, incominciò a simulare il ronzio dei rotori e, per rendere l'imitazione di una planata più realistica, si lanciò dal divano.
Poco ci mancava che finisse all'ospedale.
Generalmente, però, questi eccessi di entusiasmo erano piuttosto limitati: usava, infatti, sedersi proprio davanti a me sul divano, in modo da potermi guardare negli occhi dall'alto; poi cominciava a parlare con la sua voce strascicata da ragazzino di tutti i suoi progetti. Non manteneva mai un tono costante: a volte era quasi annoiato, come se mi raccontasse quelle cose solo per farmi un favore, a volte si infervorava a tal punto da stringere i pugni e da farsi divenire le guance rosse di rabbia o di entusiasmo. Più raramente assumeva un tono leggero accompagnato da uno sguardo sognante, come se nemmeno lui credesse a quello che raccontava.
Il più delle volte vivevo questi racconti come una cosa estremamente noiosa che mi trovavo costretto a subire, ma ci fu un racconto che mi rimane fortemente impresso nella mente ancora oggi:
Sai, penso proprio di aver deciso: voglio fare il pittore.
Sarò come i grandi impressionisti; vivrò a Parigi e allestirò un enorme atelier proprio a Montmartre, all'aperto... Da me verranno a farsi ritrarre le più grandi celebrità del mondo: attori, cantanti, politici, intrattenitori di ogni sorta che saranno disposti a sborsare milioni per un mio quadro.
Poi da me verrà anche la povera gente a farsi ritrarre in gruppo con gli amici e la famiglia, tutti vestiti come per un'occasione speciale nel tentativo di imitare i miei ricchi avventori. A loro noi richiederò alcun pagamento, perchè è la povera gente come noi che sa cogliere il vero volto dell'arte..”
Così aveva iniziato il suo lungo monologo sulla sua futura vita da pittore caritatevole.
Non so per quale strambo motivo mi è rimasto così impresso questo racconto, che non fu nemmeno uno dei più fantasiosi o elaborati, ma posso dire che sia praticamente l'unica storia che mi ricordo per intero.
Anche se da piccolo non amavo questi momenti, adesso, se ci ripenso mi sale la nostalgia e vorrei poter ritornare bambino per guardare di nuovo mio fratello negli occhi mentre qualche bizzarro e sconclusionato racconto rimbomba nella stanza narrato dalla sua vocina acuta e spesso irritante.
Col senno di poi vorrei aver saputo cogliere la bellezza di quei momenti.

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