Il
mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e
da piccolo non mi lasciava mai in pace
a volermi raccontare tutte le
sue storie e sogni di ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa
parlasse, ma per calmarlo facevo quella funzione di ascoltare i suoi
discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore…
mi sedevo sul tappeto
persiano della sala a gambe incrociate e lo ascoltavo fantasticare su
rivoluzioni, viaggi nello spazio e avventure nella giungla.
A volte, quando era
particolarmente di buon umore, mimava persino le sue storie: ricordo
che una volta, mentre mi raccontava di voler diventare aviatore,
incominciò a simulare il ronzio dei rotori e, per rendere
l'imitazione di una planata più realistica, si lanciò dal divano.
Poco ci mancava che
finisse all'ospedale.
Generalmente, però,
questi eccessi di entusiasmo erano piuttosto limitati: usava,
infatti, sedersi proprio davanti a me sul divano, in modo da potermi
guardare negli occhi dall'alto; poi cominciava a parlare con la sua
voce strascicata da ragazzino di tutti i suoi progetti. Non manteneva
mai un tono costante: a volte era quasi annoiato, come se mi
raccontasse quelle cose solo per farmi un favore, a volte si
infervorava a tal punto da stringere i pugni e da farsi divenire le
guance rosse di rabbia o di entusiasmo. Più raramente assumeva un
tono leggero accompagnato da uno sguardo sognante, come se nemmeno
lui credesse a quello che raccontava.
Il più delle volte vivevo
questi racconti come una cosa estremamente noiosa che mi trovavo
costretto a subire, ma ci fu un racconto che mi rimane fortemente
impresso nella mente ancora oggi:
“Sai, penso proprio
di aver deciso: voglio fare il pittore.
Sarò come i grandi
impressionisti; vivrò a Parigi e allestirò un enorme atelier
proprio a Montmartre, all'aperto... Da me verranno a farsi ritrarre
le più grandi celebrità del mondo: attori, cantanti, politici,
intrattenitori di ogni sorta che saranno disposti a sborsare milioni
per un mio quadro.
Poi da me verrà anche
la povera gente a farsi ritrarre in gruppo con gli amici e la
famiglia, tutti vestiti come per un'occasione speciale nel tentativo
di imitare i miei ricchi avventori. A loro noi richiederò alcun
pagamento, perchè è la povera gente come noi che sa cogliere il
vero volto dell'arte..”
Così
aveva iniziato il suo lungo monologo sulla sua futura vita da pittore
caritatevole.
Non so
per quale strambo motivo mi è rimasto così impresso questo
racconto, che non fu nemmeno uno dei più fantasiosi o elaborati, ma
posso dire che sia praticamente l'unica storia che mi ricordo per
intero.
Anche
se da piccolo non amavo questi momenti, adesso, se ci ripenso mi sale
la nostalgia e vorrei poter ritornare bambino per guardare di nuovo
mio fratello negli occhi mentre qualche bizzarro e sconclusionato
racconto rimbomba nella stanza narrato dalla sua vocina acuta e
spesso irritante.
Col
senno di poi vorrei aver saputo cogliere la bellezza di quei momenti.
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