mercoledì 26 giugno 2013

Giallo,verde,nero.

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice ma in modo distaccato come se la sua vita appartenesse - sensazione fin troppo tipica e cruda ne convengo - a qualcun altro.
Si sentiva atterrito,spossato. La routine lo stava uccidendo. Marzo … un altro mese inutile. Un altro mese che sarebbe volato via,non lasciando alcuna traccia. Un mese senza nulla di nuovo,di fantastico,di esilarante come non mai. Se ne stava sul portichetto,come tutti i giorni,seduto sulla sua inseparabile sedia a dondolo in legno di quercia. Non faceva altro che pensare. Pensava tutto il giorno. S’immaginava una vita migliore. Il vecchio Alex era una persona tranquilla,la più calma che si possa conoscere. Non perdeva mai il senno. Tutti lo stimavano. Aveva una bella e folta barba bianca,che gli ricopriva delicatamente il mento sporgente. Occhi,che nello stesso tempo trasmettevano tristezza,sicurezza e gioia. Occhi di un colore verdastro. Un verde quasi magnetico ad un primo sguardo. Un bastone in legno bianco,il legno più pregiato. Portava una lunga sciarpa,partendo dalle spalle,arrivando quasi ai piedi nudi e callosi. Una lunga sciarpa con colori vivaci. Il giallo, rappresentava la luce del sole,la ricchezza naturale e la bellezza del paese; il verde, stava ad indicare la speranza nel futuro; il nero, raffigurava gli oneri e le difficoltà del passato. I capelli del vecchio uomo giamaicano,racchiusi in lunghi rasta grigiastri. Lo stile tipico di quella popolazione. Mentre se ne stava sotto la piccola terrazza,a guardare con occhi attenti i piccoli bambini che si divertivano con poco,calciando con forza una lattina ormai ammaccata,pensava al verde. Alla speranza futura.

“Me ne resto qui,nullafacente,a pensare ogni singolo secondo ad una vita migliore,senza agire,senza prendere il minimo indispensabile e andarmene,scappare. La mia vita non ha senso,come questo piccolo mondo che mi sono creato tutto da solo,senza mai una persona accanto. Nessuna che mi ha mai amato. Nemmeno una famiglia. Solo io e basta. Ora della mia vita poco e niente mi rimane,ma questi corti anni,giorni,ore,minuti,secondi che mi rimangono,li voglio vivere e godere al meglio.”  


Detto questo il vecchio giamaicano si alzò dalla sua sedia a dondolo in legno di quercia. Come una possente mamma aquila se ne va dal nido,lasciando i cuccioli incustoditi per cercare loro nutrimento, Alex se ne andò scappando da quella letale vita. Non avrebbe mai voluto morire su quella sedia,sotto quella vecchia,sporca terrazza, i primi di marzo.




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