domenica 30 giugno 2013

Ricordi

Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni. 
Sono affascinato da tutti i luoghi che conosco alla perfezione, spazi segnati su una specie di mappa impressa nella mia mente.
Se chiudo gli occhi posso visualizzare con estrema facilità il quartiere in cui ho vissuto, in cui passavo i pomeriggi della mia infanzia, circondato dai miei compagni; nella mia testa risuonano le loro risate spensierate, si materializzano i loro sorrisi e ricordo alla perfezione tutti i momenti che ho passato con loro.
Posso addirittura sentire il rumore delle onde che si infrangono contro gli scogli, gli schizzi d’acqua salata che mi colpiscono in pieno viso mentre passeggio sul lungo mare…
Mi sento al sicuro, immerso tra i ricordi, perso tra i luoghi a me conosciuti, posti che per me hanno un significato e grande importanza.
Mi sono sempre dimostrato invece apatico nei confronti di luoghi che non conosco, zone nuove e sconosciute.
Forse è proprio questo il problema.
Sono sconosciute.
Una cosa di cui ho sempre avuto paura è di certo l’ignoto. Scontrarmi con ciò che mi è estraneo mi spaventa, riscuote in me sensazioni di terrore che un uomo non si sognerebbe mai di provare.
Solo una volta nella mia vita mi sono ritrovato ad affrontare una situazione del genere.

Papà ci aveva lasciato qualche mese prima. Mamma non riusciva ad accudire tre figli piccoli, tenere in ordine una villa in periferia quando, invece, doveva sempre essere in centro città per lavoro.
Per un periodo riuscì a gestire tutto alla perfezione, evitando di mostrare a noi il dolore che provava, dedicandosi completamente al lavoro, mentre io, il maggiore tra i miei fratelli, controllavo che nessuno si facesse male o trasgredisse le regole, aiutato dalla nonna.

Poi venne il giorno. Mamma ci avvisò che era tutto troppo difficile per lei e il controllo della situazione rischiava di sfuggirle dalle mani. Disse che aveva trovato una casetta accogliente in centro città, e che nei fine settimana avremmo comunque potuto stare sempre dalla nonna cosicché avremmo incontrato ancora i nostri amici. Non avremmo perso nulla, insomma.

Mamma non sapeva però che niente mi terrorizzava più di questo trasferimento. Questo spostamento verso l’ignoto, verso ciò cheper me,  di più oscuro esisteva al mondo; l’ignoto.
Avrei voluto piangere, scoppiare; sentivo le mie ginocchia cedere e le braccia tremare senza sosta. Ero pervaso da un senso di nausea perenne, dal momento in cui partimmo, lasciando la nostra casa, quella che ci aveva ospitato per anni, al momento in cui arrivammo nel nostro nuovo appartamento.


 Ogni settimana aspettavo solo l’arrivo del weekend per poter tornare a casa. Non si trattava però di poter passare del tempo con i miei vecchi compagni, come invece, importava ai miei fratelli…Si trattava di rivedere il luogo che tanto amavo. Perché casa per me non significava solo la struttura delimitata da pareti di cartongesso. Casa è il posto in cui ti senti a tuo agio, e io, nei miei sedici anni, riuscivo a sentirmi a mio agio solo se cullato dal rumore delle onde.
Mi sentivo a casa, solo se, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra, potevo visualizzare con mia grande gioia, le case dei nostri vicini, dipinte con i colori più assurdi: verde, rosa, blu e rosso.
Ma era così incredibile da affascinarmi e farmi sentire al sicuro.

Tutto passava una volta arrivato nel nuovo quartiere, grigio e triste, che ti lasciava una sensazione di solitudine e freddezza solo a osservarlo per qualche secondo.

Adesso, anche dopo tutto il tempo che vi ho passato, ancora ho paura dei posti sconosciuti che visito. Tuttavia oramai riesco a convivere con questa sensazione ,anche se  alle volte mi tormenta ancora e cerco di osservare i luoghi che non conosco sotto una diversa prospettiva, più positiva.


Continuo e continuerò a sentirmi, al contrario, protetto ogni qual volta farò visita al quartiere in cui sono nato e cresciuto ; quello sarà sempre il posto che amo, che mi attrae e che posso fieramente chiamare casa

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