Ho viaggiato.
Guardando dall'alto le anime nuove e rimpiangendo talvolta qualche pagina della mia vita, quando ero anche io un essere nuovo e vuoto, che giocava a riempirsi.
Ammiravo con occhi sinceri che non avevano più forza di mentire;
con l'impetuoso schiarirsi dei capelli a tempo di tramonti, tristi.
Si faceva sempre più pesante.
E faceva anche male.
Il vento, di giorno in giorno più forte, si posava sempre più spesso sulle pagine scure.
Quelle in cui un buco nero inghiotte l'anima e strozza, e stringe, e annoda, la gola.
Vuoto.
Non basta aggrottare la fronte e sospirare per uscirne,
bisogna essere forti, riuscire a spostare generazioni e generazioni di detriti e macerie.
Aiuto! Ma non mi sente nessuno.
Volo dunque più in alto, ora. Forse, sto fuggendo.
Sento che i capitoli mi stanno schiacciando. Le parole confondono la mia mente,
stanno correndo in tondo, attorno ad un falò di lettere, stanno cantando la mia vita.
Mi pulsano le orecchie, non voglio ascoltare.
Fortunatamente un'altra ventata d'aria mi porta lontano, mi stacco dal libro.
Cado a terra, dissolvendomi, il libro è ancora in cielo.
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