domenica 24 febbraio 2013

Storia di un povero merlo.

Mi sono sempre meravigliato del successo che ha riscosso la storia di Pinocchio, quel giovane birbante. Rileggendo poi quelle che oggi sono le sue avventure, non ho potuto fare a meno di notare quanto il mio intervento sia stato banalizzato. 
Pochissime persone si ricordano di me e, a dir la verita', non e' una bella cosa. In una storia la gente tende a tenere a mente principalmente i personaggi che compaiono numerose volte, non quelli che magari compaiono una sola volta, ma sono decisivi. Il giorno in cui incontrai Pinocchio lo ricordo bene, forse fin troppo. 
Era una giornata d'autunno, faceva più freddo del solito e tutti, bene o male, l'avevamo notato nel bosco. Il vento stava cominciando ad alzarsi e nell'aria si poteva percepire una grande tensione. Quella sensazione non mi era per niente nuova; solitamente voleva dire che si stavano avvicinando il Gatto e la Volpe. Ai lettori non saranno nuovi questi due nomi, peccato che essi siano sempre stati sottovalutati: erano gli esseri i più infidi, infami e senza vergogna che esistessero sulla faccia della Terra. Fidatevi di un vecchio merlo come me. 
A quei tempi ero decisamente un bell'uccello: non ero nero come gli altri, ma ero bianco. -Perché?- si chiederanno tutti. Diciamo che quel piumaggio non era solo simbolo di distinzione rispetto agli altri,  ma era anche un'emblema di senilità, di vecchiaia e persino di saggezza: le mie piume bianche potevano essere paragonate alle lunghe barbe degli uomini sapienti. 
Ad ogni modo quel giorno vidi arrivare, da una stradicciola irta e sassosa, quei due disonesti accompagnati da un giovane burattino che, fonti sicure, mi aveva informato chiamarsi Pinocchio. Non sembrava spaventato, anzi, sembrava seguirli con grande entusiasmo. Dalla fama di quel fantoccio ho pensato subito che si fosse accordato con il Gatto e la Volpe e ora facesse parte del loro gruppo di imbroglioni. Peccato che, ad un certo punto, vidi che Pinocchio teneva in mano 5 monete d'oro. E lì mi sorse un dubbio: avari com'erano, quei due  non avrebbero permesso che i soldi rimanessero in mano ad un ragazzo appena conosciuto. Capii che quei due imbroglioni volevano raggirarlo: dovevo assolutamente fermarli. 
Mi appoggiai al ramo di un albero li vicino e sussurrai al giovane: -Pinocchio, non dar retta ai consigli dei cattivi compagni, altrimenti te ne pentirai! 
Non l'avessi mai fatto: quel gattaccio spiccò un grande salto e mi si avventò addosso, mangiandomi in un sol boccone, con le penne e con tutto. Per fortuna che era cieco! Ahime', cosa non farebbero quei due birbanti per qualche spicciolo. 
Povero me! Ho sperato tanto che quel burattino mi avesse dato retta dopo la mia scomparsa, ma sfortunatamente si é comportato in modo sciocco, e ne ha pagato le conseguenze. 
Guai a non ascoltare la voce della coscienza!

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