-T’è mai capitato di ritrovarti
a pensare sempre la stessa cosa per giorni e giorni? Fino a credere che, oramai
questa cosa, è diventata quasi parte di te?- chiese il mio interlocutore,
nonché venerando compare di sventure, lasciandomi in uno stato di perplessità.
-Come dici?-
-Chiedevo se…-
-Ho capito cosa chiedevi, ma
non ne comprendo il senso, ricorda Gatto, che sarò pure zoppo, ma vanto un
udito sopraffino!- esclamai fingendomi offeso. –Comunque, se ne ho intuito il
senso esatto, posso affermare che cose del genere non mi sono mai accadute..-
-So che si tratta di un
discorso strano, ma una sensazione di malaugurio mi tormenta da giorni, come se
da un momento all’altro, dovesse capitarci una sventura…- disse Gatto, accucciandosi
ai piedi del tendone del burattinaio Mangiafoco.
-Tranquillo Gatto, fino a che
saremo in compagnia, non ci capiterà nulla di male, semmai capiterà a chi fa
affari con noi..- non riuscii nemmeno a finire di pronunciare la frase, che un
ragazzino uscii dal tendone di Mangiafoco. Ben presto mi accorsi che non si trattava di
un bambino, bensì di un burattino!
-Gatto! Aguzza l’occhio buono!
Guarda un po’!- dissi scuotendo la zampa del mio amico.
-Perché mi stai consigliando di
osservare un ragazzin…Mio Dio, ma è un burattino! Sbrighiamoci, ci sarà da
divertirsi con lui!- Cercammo di raggiungere il
burattino in poco tempo. Faceva quasi impressione, perché poteva benissimo
passare per un bambino vero!
Non
è da tutte le volpi del mondo, poter truffare un burattino!
-Buondì Pinocchio!- dissi
zoppicando verso di lui, mentre Gatto rimaneva ancorato alla mia zampa.
-E tu come sai il mio nome,
piccola volpe?- chiese dubbioso il burattino.
-Ma di grazia, io conosco tuo
padre! E posso dire di averlo visto ieri sera! A Gatto s’è stretto il cuore
quando l’ha visto infreddolito e spaventato sulla porta di casa che aspettava solo
il tuo ritorno!- continuai cercando di trovare il modo migliore di beffarlo.
Il piccolo burattino, iniziò un
monologo infinito su come sarebbe diventato un bravo figliolo non appena
tornato a casa. Diceva che suo padre avrebbe vissuto da re, con quello che
Mangiafoco, il burattinaio, gli aveva donato. In quel momento, Pinocchio richiamò
la nostra attenzione, estraendo dalle tasche ben cinque luccicanti monete d’oro.
Cinque bellissimi ovali d’oro che brillavano stretti nella sua mano intagliata.
Quelle monete riuscirono a far
risplendere anche l’occhio buono di Gatto, che non vedeva l’ora di poterle
rubare a quel pezzo di legno. Dovevo escogitare in fretta un modo per
sottrargliele. L’idea mi piombò come dal cielo: dovevamo trascinarlo all’Osteria
del Gambero Rosso e li, grazie alla complicità del nostro amico oste, ce l’avremmo
fatta.
-Pinocchio,
sai che quelle monete si possono duplicare, triplicare, quadruplicare, se solo
tu ci seguissi fino al campo dei Barbagianni?-
Convincemmo il piccolo pezzo di legno ad
accompagnarci al Campo dei Miracoli, per far sì che i suoi beni aumentassero. Povero illuso! Era così facile da truffare; a
stento io e Gatto riuscimmo a trattenere le risate per tutto il tragitto.
Tanto tempo a camminare e la
stanchezza avanzava. Dicemmo a Pinocchio che era meglio fermarsi per la notte
per poi riprendere l’indomani. A sue spese, per quella notte, guadagnammo vitto
e alloggio all’Osteria del Gambero Rosso, abbuffandoci per poi andare a
riposarci.
Ci accordammo per incontrarci a
mezzanotte, ma in realtà, noi fuggimmo prima per mettere a punto il piano.
Farci passare per rapinatori e rubargli le monete d’oro.
Non avrebbe resistito un secondo
di più nelle mani di due estranei pronti a tutto pur di avere quelle monete.
Così, quando vedemmo Pinocchio uscire dall'Osteria, occultati i nostri musi con delle maschere, gli saltammo addosso, cercando di prendergli le monete.
Gatto iniziò ad urlargli contro furioso, dato che quel maledetto pezzo di pino aveva ingoiato le monete.
Il burattino con una sola mossa, tagliò una zampa a Gatto ed iniziò a fuggire per i campi.
Gatto dolorante, piangeva disperato. -Alzati Gatto! Non è ora di versare lacrime amare! Se prendiamo quelle cinque monete d'oro, non solo diventiamo ricchi, ma potrai comprati una zampetta nuovo, e mille volte più bella, ora corriamo!-
-Volpe fa troppo male! Non riesco!-
-Vuoi rimanere qui a lamentarti, o preferisci guadagnare? Potrai lamentarti dopo, ora uccidiamolo!-
Corremmo per i campi alla sua rincorsa fino a che, esausti tutti e tre, dopo chilometri di cammino, ci fermammo in punti diversi di un campo, vicino ad una piccola casetta. Pinocchio era scomparso. Non riuscivo a vederlo da nessuna parte...
-Noi i truffatori di professione, ci siamo fatti gabbare da un burattino! Incredibile!- gridai gettando a terra la maschera nera che fino a poco tempo prima mi occultava il rosso e appuntito muso.
-Non tutto è perduto Volpe, guarda la chi bussa disperato alla porta-
Un ghigno soddisfatto si fece spazio sui nostri musi.
Pinocchio era nostro.
In men che non si dica, gli piombammo alle spalle e, trovandoci vicino ad un albero, decidemmo di impiccarlo. Solo in quel modo saremmo riusciti finalmente a cavargli le monete di bocca.
Appeso li stava, il piccolo corpo di legno mosso dal vento, con la bocca ancora serrata.
-Volpe, è inutile stare qui...Domani avrà sputato quelle maledette monete...Ora andiamo te ne prego, ho bisogno di una medicazione...- disse Gatto disperato.
-Va bene Gatto, dopotutto non voglio mica che il mio compare muoia dissanguato!- dissi scherzosamente.
Il giorno dopo saremmo diventati ricchi, il giorno dopo il burattino ci avrebbe donato un'immensa gioia.
Ma il giorno dopo, quel pezzo di legno, non c'era più.
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