lunedì 16 settembre 2013

Una notte da leoni

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie davanti alla terrazza del " Dancers"

La lettera

L' altro giorno, esaminando le mie carte, ho trovato nello scrittoio la copia di una lettera, spedita da circa un anno ad un vecchio compagno di scuola:

I ricordi più belli

Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni

domenica 15 settembre 2013

La grande ruota

"Children, don't play with children you don't know": ogni mattina le stesse parole, in tono più lamentoso che autorevole, e che la vastità della spiaggia inghiottiva e disperdeva senza eco. I due ragazzi, un maschio e una femmina, erano avvezzi a riceverla come un segno di stanco commiato che significava, in sostanza, "fate il comodo vostro e non seccate".

Il mio disgraziato fratello

Il mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo non mi lasciava mai in pace a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni di ragazzo. Io non sapevo nemmeno di cosa parlasse, e per calmarlo facevo la funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore. Mi ricordo che in qualsiasi cosa faceva, io lo sostenevo sempre. Una volta era stato scelto come protagonista in una recita scolastica, dove interpretava il ruolo di Romeo nella tragedia di "Romeo e Giulietta". La sera prima dello spettacolo, mi ha ripetuto tutte le sue battute del copione ed io lo ascoltavo con molta attenzione, anche perche non capivo quel linguaggio impossibile!
Ero come il suo primo tifoso in una partita di calcio.
 Se si cacciava nei guai, c'ero io a sua disposizione. Una volta, l'ho beccato rompere il vaso del nostro salotto, il più bello che avevamo. Lui per non farsi incolpare dell incidente è andato in camera sua e non è più uscito di lì fino all'ora di cena. Mamma e Papà se la presero a morte con me, anche se non ero stato io. Dopo l'accaduto è venuto a scusarsi. D'altronde cosa doveva fare. L'unica persona che gli voleva davvero bene ero io. A scuola veniva sempre picchiato dai compagni di classe perchè era brutto e basso. Quando tornava a casa i miei genitori non lo volevano neanche vedere, da quanto era brutto. La sera era sempre in lacrime, ed io lo consolavo ogni volta che capitava. Spero che un giorno, il mio povero fratello non venga più deriso da nessuno e che sia rispettato. Non lo voglio più sentir bussare alla mia porta in lacrime per sfogarsi, non lo voglio più veder tornare a casa gonfio di botte perchè i suoi compagni lo hanno picchiato.

Ora sono grande. Sono sposatocon una mogliebellissima, ho due figli fantastici e lavoro come capocuoco in un ristorante. Chissà se anche mio fratello, dovunque si trovi, stia benee che sia contento della nuova vita che sta vivendo.

Ormai basta giardinetta!

A vederla luccicare tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa piena zeppa di bambini e bambine, nella fattispecie sembrava venir fuori da una di quelle famiglie felici che, appena possono, i pubblicitari infilano nei loro filmati. Ecco, la mia famiglia è una di quelle.Mia madre insegna alle scuole elementari e mio padre è un casalingo meticoloso e ordinato. È la tipica persona che ti sveglia la mattina e ti prepara la colazione con addosso il suo grembiule bianco sporco di cibo. Comunque, la mia famiglia mi tratta ancora come se avessi due anni. Quando mia madre torna a casa dal lavoro, nel tardo pomeriggio, mi porta sempre in quella stupida giardinetta per farmi "divertire" un po'. È una tortura! I bambini ti assillano sempre con i loro inutili strilli e se dici loro qualcosa che non vogliono sentire, ti tirano dei violenti pugni alle gambe. Una volta sono stato vittima di questo supplizio e sono tornato a casa tutto dolorante. La sera, invece, è dedicata a giocare a carte o a tombola. Non posso guardare la televisione perche mia madre dice che fa male al cervello. Non dico di guardarla sempre, ma almeno la mattina lasciami sentire le notizie!
Ma poi,un bel giorno, tutto è cambiato.Un pomeriggio, quando sono tornato a casa da scuola, ho notato i miei genitori sul divano. Quandosi sono accorti di me si sono alzati, mi hanno dato il telecomando e mi hanno detto che posso guardare tutto quello che voglio. Poi la sera siamo andati al cinema, cosa che da loro non mi sarei mai aspettato. Quando siamo tornati a casa mi hanno detto che ora sono abbastanza grande da gestirmi da solo e che ormai il loro sostegno non serve più.
Finalmente! Non aspettavo altro. Adesso ho in mano la mia vita e posso viverla a modo mio. Adesso sono io il cape di me stesso e voglio dimostrare ai miei genitori di essere diventato un ragazzo responsabile.

La svolta della mia vita

Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni. Ho sempre desiderato di ritornare nei posti in cui tanti anni fa ho abitato. Ora che sono vecchio posso ripercorrere dall inizio tutto quello che ho fatto in passato e voglio raccontarvi la mia storia. Ero in vacanza a Basilea, in Svizzera. Era appena arrivato il periodo natalizio. Gli alberghi erano tutti pieni e non avevo un posto fisso dove alloggiare. La situazione cominciava a farsi critica, così ho deciso di comprare una casa in un paesino a pochi chilometri da Basilea. Me la ricordo ancora come se fosse ieri: all'entrata principale c'era il camino,fatto di mattoni, accompagnato dai due divani che gli stavano davanti. La cucina era strettisima, riuscivo a malapena ad accendere i fornelli con il fiammifero. La mia camera da letto,invece, aveva un piccolo lucernario dal quale si poteva ammirare tutto il panorama  
invernale. Sembrava una casa ideata apposta per me, aveva un'aria accogliente e confortevole. Quando le mie ferie a Basilea sono finite sono tornato a casa, nel mio appartamento di Milano. Non ero affatto contento di essere ritornato.Mi accorgevo subito dell'enorme differenza che la distingueva dalla casa svizzera. Dalla finestra si sentiva l intenso traffico che ti tamponava le orecchie giorno e notte, si sentiva l odore di smog insopportabile e nauseabondo. Non riuscivo nè a mangiare nè a dormire. È stato uno dei giorni più brutti di tutta la mia vita.                                                                                                
                                                                                                                                                               

Da quel momento in poi, ho deciso di prendere una solenne decisione che mi ha cambiato la vita per sempre: diventare imprenditore e costruire case in tutto il mondo.
Avevo deciso veramente che cosa fare nella mia vita e l'ho presa al volo. Sono diventato ungrande imprenditore  e in pochi anni ho fondato numerose case e villaggi turistici in vari luoghi del mondo. Con il passare del tempo, ero sempre più occupato e impegnato. Facevo solo quello, però mi piaceva. Era davvero la mia passione.      

Quando è arrivata l'ora di andare in pensione, ho deciso di trasferirmi definitivamente nella casa di Basilea.  

Certe volte ripenso ai bei tempi passati. Nella mia vita ho fatto tutto quello che volevo e ne sono felice. Era come vivere in un sogno, un sogno che non finiva mai.

Dio denaro

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice ma in modo distaccato come se la sua vita appartenesse - sensazione fin troppo tipica e cruda ne convengo - a qualcun altro…
aveva capito troppo tardi ciò che realmente era importante nella vita.
Aveva iniziato a lavorare a sedici anni e per tutta la sua vita non aveva pensato a nient'altro che ad accumulare denaro; ora arrivato ad un'età avanzata si sentiva schiavo della sua ricchezza.
Da giovane era solito pensare che chi aveva i soldi aveva tutto, non gli importava di stringere legami affettivi, tanto, prima o poi, si sarebbero sciolti.
Oh quanto si pentiva!
Sì, viveva in una bella casa, in caso di necessità poteva permettersi le cure più all'avanguardia; ma tutto ciò non poteva dargli una famiglia, dei nipotini che lo pregassero di raccontar loro le storie della sua giovinezza e una moglie con cui condividere la vecchiaia.
Si era sempre vantato di essere stato un donnaiolo, ma ora si rendeva conto fin troppo bene che tutte quelle donne erano state con lui solo perché attirate dai suoi soldi e dal suo nome importante... forse se n'era reso conto anche all'epoca, ma non aveva mai dato troppo peso alla cosa: mai avrebbe immaginato che si sarebbe trovato ad invidiare le scene famigliari dei film natalizi americani.
Aveva cominciato a rendersi conto che la sua vita non era poi così distaccata dagli affetti quando si era ritirato dagli affari e tutti avevano perso interesse nei suoi confronti: dopotutto era un essere umano; e in quanto tale aveva un disperato bisogno di attenzioni.
Una volta gli era capitato di parlarne con la persona che era ciò di più simile ad un amico che aveva, ma questo aveva subito interpretato il suo senso di smarrimento come una preoccupazione riguardo a chi lasciare la sua consistente eredità: non aveva, infatti, né figli né parenti prossimi a cui devolvere tutti i suoi beni.
Il problema era stato risolto in breve tempo con la decisione di donare tutto in beneficenza.
Ora che il vecchio Alex aveva sistemato tutti gli ultimi particolari della sua esistenza si era ritirato definitivamente: usciva di casa in rarissime occasioni e passava il suo tempo immaginando i falsissimi discorsi di cordoglio che i media avrebbero messo in piedi per piangere la scomparsa di un importante ex uomo d'affari come lui.


mercoledì 11 settembre 2013

Una giornata per caso.


A vederla luccicare tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa piena zeppa di bambini - bambine, nella fattispecie - sembrava venir fuori da una di quelle scene di famiglie felici che, appena possono, i pubblicitari infilano nei loro filmati.

Il posto giusto

In alcune province si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi; in queste case vi sono forse qualche volta e il silenzio del chiostro, e l'aridità delle lande, e le rovine di vecchi castelli.

Era esattamente questo il posto in cui volevo stare, un paesino semi deserto dove nessuno sarebbe venuto a rivolgermi la parola. Un posto dove finalmente sarei potuto stare completamente da solo con i miei pensieri. Mi chiamo Luca e vengo da Milano. Milano è il sogno della maggior parte delle persone e il mio peggior incubo. Odio quella città è sempre così affollata, gli uomini in giacca e cravatta che passano di fretta parlando al cellulare, le donne con i tacchi a spillo e cinque borse per mano dei negozi più costosi della città, i gruppi di turisti cinesi con Nikon di proporzioni esorbitanti, i bambini che urlano rincorrendo i piccioni, gli  adolescenti con i pantaloni a vita bassa e i cappellini da repper, le ragazze che si fanno le foto sui gradini del duomo facendo facce stupide. Odio il traffico, lo sfrecciare di macchine, l’una vicina all’altra, il rumore dei clacson, le biciclette tutte ammassate, il rumore dello scooter, la folla della metro, la voce degli annunci dei treni. Non mi piacciono nemmeno i bar, i sorrisi falsi delle commesse gentili solo al fine di farti comprare cose di cui non hai veramente bisogno, odio lo sporco delle strade, i mozziconi di sigarette in piazza, le cartacce appena fuori dei bidoni, le lattine ai lati della strada, i vetri rotti. Odio i cani che abbiano, i gatti che miagolano, i bambini che piangono, le suonerie dei cellulari, le sigle dei cartoni, i cartelloni pubblicitari, le famiglie perfette in case perfette sulle riviste, i mobili dell’ikea, i caffè dei bar, l’odore del negozio di Abercrombie, gli occhiali troppo grandi, le gonne troppo corte, il trucco troppo marcato, i fruttivendoli, i pescivendoli che urlano, i drogati nei vicoli, la gente che puzza di vino, quelli che cantano in gruppo, la gente che balla, gli artisti di strada, l’odore del cloro, le palestre, i tapirulan, l’odore di sudore. La gente non mi sopporta perché dice che non mi va bene, il che è vero, e poi è comunque una cosa reciproca, anch’io odio tutti. Non voglio parlare con nessuno, vedere nessuno, non voglio avere contatti. E adesso in questo piccolo paesino sulle montagne non dovrò più preoccuparmi di niente perché nessuno mi verrà a cercare. Sono felice così.


Il fantastico Regno di Caroluit

In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti. Passai per un ponte levatoio sconnesso per arrivare al castello del regno di Caroluit. Io mi chiamo Gianni, vivevo in una piccola casa in campagna con mio padre. Mio padre un giorno per farmi apprendere la grande arte della magia mi portò da uno stregone di nome Giancarlo che viveva tra i boschi in una capanna. Ben presto mi accorsi che il mio maestro in verità ero un mago che utilizzava la magia nera, appena lo scoprii fuggii nel pieno della notte verso il villaggio. Sapevo che il mago Giancarlo e il suo tirapiedi, un vecchio nano, sarebbero venuti subito a cercarmi nella vecchia casa di mio padre così senza far rumore rubai un cavallo e scappai verso il regno di Caroluit. Così eccomi qua in cerca del grande mago. Fui subito accolto da un giovane ragazzo che mi accompagnò verso l’ingresso del castello e che portò Fragolino, il mio cavallo, in una stalla. Entrai così nel palazzo, il più grande e sfarzoso palazzo che avessi mai visto c’era un interminabile corridoio da percorrere prima di arrivare nel salone principale dove avrei potuto avere un’udienza con il grande Conte del regno di Caroluit. Quando arrivai vidi seduto su un grande trono un uomo incredibilmente piccolo, senza barba e con dei grandi occhi azzurri. Avvicinandomi meglio potei proprio constatare che quella persone seduta non era affatto un vecchio signore ma bensì un bambino. Il bambino notando il mio stupore mi disse: “Capisco il tuo stupore, straniero, ma per quanto possa sembrare assurdo io ho cinquantasette anni. Una strega malvagia mi ha fatto questo incantesimo e adesso avrò le sembianze di un bambino per sempre. E tu chi sei ? risposi: “Mi chiamo Gianni, sto cercando un rifugio dove stare per un po’ di tempo, un mago cattivo mi sta cercando” “Oh, quanto ti capisco, stai tranquillo qui troverai tutto l’aiuto di cui hai bisogno! Sophie, piccola mia, accompagna il nostro ospite in una delle camere da letto” In quel momento arrivò una fanciulla bellissima, aveva dei lunghi capelli ricci, rossi come il fuoco, aveva due occhi verdi oliva e un sorriso meraviglioso, il più bello che avessi mai visto. È stato amore a prima vista. Iniziai a trascorrere le mie giornate con lei passeggiando per i giardini del castello, ci vedevamo ogni giorno. Più i giorni, le settimane passavano più sentivo di amarla così un giorno mi recai dal Conte per chiedergli la mano di sua figlia. Alla mia proposta il Conte si arrabbiò molto dicendomi che non potevo sposarla perché Sophie era la sua unica compagnia e sposandola lui sarebbe rimasto solo dato che nessuna dama del regno voleva sposare un uomo bambino. L’unico modo che avevo per sposare Sophie era quello di far tornare uomo il Conte, ma non avevo la più pallida idea di come fare. La strega che aveva trasformato il Conte in un bambino viveva nel bosco, decisi che sarei dovuto andare a farle una visita. La mattina dopo così mi svegliai di buon’ora presi Fragolino e mi diressi verso il bosco. Dopo qualche ora iniziai a vedere una piccola casetta vicino a una gigantesca quercia, scesi da cavallo e bussai a quella catapecchia. Mi aprì una donna altissima, era molto magra e i suoi capelli grigi le arrivavano alle caviglie, rimasi per un po’ a fissarla fino a quando mi decisi a parlarle. “Buongiorno gentile signora strega, sono venuto fino qua per chiederle un immenso favore” “Io non faccio favori a nessuno” tagliò corto la strega. Io non volli arrendermi così continuai a supplicarla per molto a dopo finchè arrivammo a un compromesso: io lei mi avrebbe aiutato se in cambio fossi riuscito a trovare la sua anima gemella. Me ne andai dalla casa rattristato convinto che nessun essere umano avrebbe mai amato la strega, fino a quando mi ricordai del mago da cui ero scappato mesi fa. Tutto allegro tornai dalla strega e le dissi che conoscevo qualcuno. Così insieme andammo al mio vecchio villaggio a cercare il mago che avevo tanto odiato. Che dire poi? Fu amore a prima vista, il viaggio di ritorno al castello per me fu un vero strazio, ero costretto a sentire quei due mentre si dicevano romanticherie d’ogni tipo. La strega era felice e lo sarebbe stato anche il Conte dopo essere stato riportato alla sua età ed infine sarei stato anch’io felice con la mia dolce principesse. Così tutti vivemmo felici e contenti


Terri Lennox

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers"…

Terry era un bel ragazzo alto con i capelli fino alle spalle ricci e biondi, gli occhi chiari…..Era uno di quei ragazzini ricchi a cui non era mai mancato niente,ma  che allo stesso tempo si sentivano vuoti. Uno di quelli che di giorno scorrazzava in giro per la citta`con la sua macchina sportiva e di notte spendeva tutti i suoi soldi in bottiglie di vino e cocktail.I genitori uno  imprenditore di un importante compagnia e l’altra direttrice di una famosa rivista. Era cresciuto da solo, senza la presenza dei genitori, con una governante russa che non sapeva parlare inglese.Non ha mai avuto veri amici, ha sempre studiato da privatista senza frequentare alcuna scuola. Studiava al mattino e al pomeriggio suonava il violino e giocava a tennis, sempre all’interno delle mura della sua villa.Quando usciva per comprare qualcosa o solo per fare una passeggiata era sempre solo. Bello e dannato, ecco chi era Terry,con tutta la sua aria spavalda e arrogante che serviva per non far capire alla gente quanto si sentisse triste e solo. Non parlava quasi mai con nessuno, se ne andava in giro con quei suoi occhiali scuri e la giacca di pelle. La sua unica amica era la sua auto.Nessuno aveva mai voluto bene a Terry,e lui a sua volta non aveva mai amato qualcuno.Sempre triste e sempre solo,solo la bottiglia di vino gli dava calore. Un’anima persa senza un posto dove sentirsi a casa. Avere diciasette anni e sentirsi gia`morti dentro e non avevere piu`nessun motivo per cui vivere. Cosi`la notte del 31 luglio 1998 sotto il ponte della citta` Terry Lennox getto`via la sua vita. Tre giorni dopo la polizia locale trovo`il cadavere, quella domenica si svolse il funerale e presto tutti dimenticarono quell ragazzo solitario.

La storia di Fatima

"Children, don't play with children you don't know": ogni mattina le stesse parole, in tono più lamentoso che autorevole, e che la vastità della spiaggia inghiottiva e disperdeva senza eco. I due ragazzi, un maschio e una femmina, erano avvezzi a riceverla come un segno di stanco commiato che significava, in sostanza, "fate il comodo vostro e non seccate”
I due ragazzi si chiamavano Carlo e Rosa, avevano la stessa eta`: entrambi avevano compiuto da poco dieci anni. Si conoscevano da quando erano nati piu` e passavano tutta l’estate in spiaggia a giocare insieme. Le loro madri nel frattempo stavano sotto l’ombrellone, con il viso sofferente per il gran caldo, passavano le ore a fare le parole crociate e a leggere romanzetti rosa da due  soldi comprati nell’edicola vicino casa di Carlo. I ragazzi non capivano come le loro madri preferissero stare sotto un ombrellone piuttosto che nuotare e giocare a palla.
Era un giorno come tutti gli altri, Carlo e Rosa erano appena entrati in acqua dopo essersi spalmati la crema solare e aver ascoltato le avvertenze delle loro madri quando all’improvviso notarono una bambina che li stava fissando. Aveva I capelli lunghi neri, gli occhi scuri e la pelle olivastra, I bambini non l’avevano mai vista prima d’ora. Rimasero qualche secondo immobili senza dire una parola finche` Rosa invito`la sconosciuta a giocare con loro. Carlo penso`un attimo alle parole della madre, ma non se ne preoccupo`molto,e si presento`cosi`alla bambina.
Pigramente la madre di Rosa si alzo`dal lettino si avvio`lentamente verso il mare per chiamare I due bambini per il pranzo quando noto`qualcosa di insolito: c’era una terza bambina insieme a Carlo e Rosa. Mentre pranzavano la madre di Rosa chiese chi fosse la bambina dai capelli lunghi neri, a quell punto Rosa inizio`a raccontarle della bambina nuova.

La bambina si chiamava Fatima e veniva dal Pakistan dove abitava con sua madre, suo padre e le sue cinque sorelle.Suo padre picchiava sua madre di continuo, di notte Fatima sentiva sempre sua madre piangere e sentiva suo padre andare in una delle stanze delle sorelle da cui poi provenivano delle urla terribili. Una notte sua madre la prese in braccio mentre dormiva e poco dopo si sveglio`sulla macchina di suo zio, il fratello della madre. La madre di Fatima pianse per quasi tutto il viaggio, ma ripeteva lo stesso a sua figlia che stave andando tutto bene. Alle prime luci dell’alba Fatima e sua madre salirono su una barca e dopo molti giorni arrivarono in Italia. La madre di Fatima era piu`felice qui in Italia e non deve piu`mettere la sua veste nera e Fatima non dovra`piu`nascondere I suoi capelli. La madre di Rosa rimase in silenzio per tutto il racconto fino a quando Carlo inizio`a piagnucolare scusandosi di aver disubbidito avendo giocato con una bambina che non conosceva. La madre lo abbraccio`e lo rassicuro`dicendogli che avrebbe potuto giocare ancora con Fatima.

Alex e la dipendenza

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice ma in modo distaccato come se la sua vita appartenesse - sensazione fin troppo tipica e cruda ne convengo - a qualcun altro.
Era già passato un anno dalla sua prima volta, la prima volta che tirò quella stupida manovella, fu amore a prima vista, si innamorò dei numeri che andavano su e giù e del rumore delle monetine che scendevano. Iniziò ad a tentare la fortuna una volta settimana, iniziava a vincere un sacco di soldi, era felice e tutto stava andando nel verso giusto. Vinceva spesso e così iniziò ad andare alle slot machine ogni giorno, le cose a casa però iniziavano a non andare bene, Christine non sembrava contenta di quello che Alex faceva nel tempo libero. litigavano sempre più spesso, iniziarono a mancare i soldi e Alex non vinceva più. Non rinunciò  a giocare ugualmente e Christine se ne andò, Alex non era più felice, non aveva più nessuno ad aspettarlo a casa, non aveva più amici, c’era solo quella maledetta macchinetta. Vinceva e investiva i soldi appena vinti finchè non rimase senza niente. Era stato costretto a ipotecare la casa, non gli era rimasto niente e non aveva nemmeno più i soldi per andare a giocare. L’idea di non poter più tirare la manovella lo faceva impazzire, era dipendente. Gioco d’azzardo patologico, si chiamava così la sua malattia. Non era più lo stesso Alex, aveva perso tutto, ma era troppo tardi per cercare di rimediare agli errori fatti, Christine non sarebbe più tornata. Aveva smesso, lo decise quel maledetto febbraio, non voleva più essere dipendente dal gioco, ne era convinto. Un giorno mentre stava passeggiando lungo il fiume trovò una banconota, era una banconota da cinque. Rimase lì a guardarla per qualche secondo, poi si decise, l’avrebbe giocata. L’ultima giocata. Era tutto eccitato, quasi felice e quando si sedette sulla sedia alla macchinetta sentì un brivido passargli sulla schiena. Tirò la manovella, quella che lo affascinava così tanto. Gli si fermò il cuore quando i numeri si fermarono, aveva vinto. Aveva vinto ventimila euro, Alex non riusciva crederci, non sapeva se piangere o gridare. Alex riuscì a smettere e con quei soldi dopo qualche mese decise di aprire  un centro di cura per il gioco d’azzardo patologico. Come lui  erano moltissime di persone le che avevano distrutto la loro vita puntando soldi ai casinò, alle slot machine, al poker e alle lotterie. Arrivano tutti infelici come era stato lui e Alex decise di aiutarli a tornare felici come lo era diventato lui.

"Il gioco d'azzardo corrompe le nostre inclinazioni, e ci insegna l'abitudine dell'ostilità contro i nostri simili." (Thomas Jefferson)


Mio fratello e il suo sogno

Il mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo non mi lasciava mai in pace a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni di ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa parlasse, ma per calmarlo facevo quella funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore.

Il suo sogno era quello di diventare una persona importante, una persona che la gente non avrebbe dimenticato presto il nome. Credo aspirasse a una carriera d’attore o qualcosa del genere. Sognava di apparire sulle riviste di moda in copertina, di essere rincorso da una folla di ammiratrici e di mangiare nei ristoranti più lussuosi, quelli dove solo un caffè ti costa l’ira di Dio. All’inizio pensavo che questa fosse solo una delle sue manie di protagonismo e credo che lo fosse davvero, ma qualcosa in lui con il passare degli anni cambiò. All’improvviso non gli interessavano più le riviste, i vestiti firmati e le macchine sportive, iniziò a studiare e si iscrisse all’università di medicina. Si laureò e poi un giorno durante un pranzo di famiglia annunciò a me e ai miei genitori che sarebbe andato in Africa. Quando pochi giorni prima egli disse che voleva trasferirsi e andare a vivere lontano, ero convinto che parlasse di Los Angeles e che gli fosse tornata la fissa dell’attore. Lui parlava dell’Africa, mi chiedevo che cosa volesse andare a fare in Africa, magari si era trovato la fidanzata a Johannesburg. No, mi sbagliavo,, si sarebbe trasferito in Congo a fare il medico. Avrebbe aiutato le popolazione del posto e sarebbe vissuto in una capanna. Mio fratello era veramente cambiato ed io ero fiero di lui. Quell’estate andai a trovarlo, lo vidi felice come non lo era mai stato. Era diventato una persona importante, per tutte quelle persone lui era la loro unica speranza, e tutte le persone che avrebbe salvato non si sarebbero mai dimenticate il suo nome.

Ricordi che sfuggono.

Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni. Potrei passare giornate intere ad osservare ciò che resta del mio passato.
Ricordo una casa alta, grande, grigiastra, con un grande portico sul retro, e un piccolo ritaglio verde davanti alla facciata. È lì che sono nato e cresciuto.
Se spio dalle finestre riesco a vedermi ancora insieme a mamma, mentre mi insegna a giocare a carte. Giocavamo ogni domenica pomeriggio, quando avevo finito di studiare.
Spostando lo sguardo c'è sempre quel tavolo, anche se ora sembra di legno grezzo e scadente, un tempo era lucido e maestoso.
Ricordo i cenoni in famiglia, e tutto il calore dell'affetto dei miei parenti.
E poi c'è il prato; com'era verde ed ora com'è secco e privo di vita. Non ci sono più fiori né alberi, ma posso immaginare le piante verdeggianti a cui era legata un'amaca, un'esperimento di papà. Ci passavo interi pomeriggi a leggere, ed in mezzo al mio giardino sognavo di trovarmi in una giungla selvaggia e ripercorrevo insieme all'autore le avventure del protagonista del mio libro preferito. Un po' più in là c'è la casa dei Wesly. Odiavo profondamente il loro alano nero. Non la smetteva mai di abbaiare. Alla fine erano stati costretti ad affidarlo ad un'altra famiglia  a causa di diverse proteste e denunce. Per il mio amico Jack Wesly fu una vera e propria tragedia. Non venne a scuola per una settimana!
Eppure ora è tutto finito, io ho un'altra casa, più bella e spaziosa, e ho altri vicini senza alani rumorosi; ma nonostante ciò, non smetto mai di ricordare con piacere tutte le avventure passate. Considero una vera fortuna che certi episodi rimangano impressi in luoghi fissi, che probabilmente non scompariranno prima di noi. Almeno quando sento la nostalgia di casa posso scappare per un attimo dalla mia vita e tornare a quel passato che un po' mi manca!

I segreti delle pareti.

In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti.

Litigi pazzi e rosso


La notte del trenta agosto 2039 un'ondata di caldo eccezionale soffocava gli Stati Uniti. Il termometro a New York segnò quarantadue gradi; a mezzanotte tutte le docce della città emisero un ululato di agonia, e il rantolo delle tubature annunciò che l'erogazione di acqua era sospesa fino alle otto di mattina. Per black666 era la fine.

Cris.




L'altro giorno, esaminando le mie carte, ho trovato nello scrittoio la copia di una lettera, spedita da circa un anno ad un vecchio compagno di scuola: Cristian.

Storie di un fratello maggiore

Il mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo non mi lasciava mai in pace a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni da ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa parlasse, ma per calmarlo facevo quella funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore. Mi toccava sorbirmi tutti i suoi discorsi.

La mia pazzia

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers"."Si ricorda altro?" mi chiese il mio psicologo.

Mio fratello

Il mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo non mi lasciava mai in pace a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni di ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa parlasse, ma per calmarlo facevo quella funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore.

Scelte sbagliate.

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice ma in modo distaccato come se la sua vita appartenesse - sensazione fin troppo tipica e cruda ne convengo - a qualcun altro.

La scogliera.

"Children, don't play with children you don't know": ogni mattina le stesse parole, in tono più lamentoso che autorevole, e che la vastità della spiaggia inghiottiva e disperdeva senza eco. I due ragazzi, un maschio e una femmina, erano avvezzi a riceverla come un segno di stanco commiato che significava, in sostanza, "fate il comodo vostro e non seccate".

il più bello della storia.

"Children, don't play with children you don't know": ogni mattina le stesse parole, in tono più lamentoso che autorevole, e che la vastità della spiaggia inghiottiva e disperdeva senza eco. I due ragazzi, un maschio e una femmina, erano avvezzi a riceverla come un segno di stanco commiato che significava, in sostanza, "fate il comodo vostro e non seccate"…

I soldi non fanno la felicità.

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers". Tutti in città lo descrivevano come un poco di buono, che aveva combinato qualcosa nella vita solo grazie ai finanziamenti del padre.

martedì 10 settembre 2013

Senso di solitudine.

In alcune province si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi; in queste case vi sono forse qualche volta e il silenzio del chiostro, e l'aridità delle lande, e le rovine.

Lisa.

A vederla luccicare tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa piena zeppa di bambini - bambine, nella fattispecie - sembrava venir fuori da una di quelle scene di famiglie felici che, appena possono, i pubblicitari infilano nei loro filmati.

Quell'ubriaco di Lennox!

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers", un bar proprio di fronte a casa mia.
Non mi stupiva che fosse così sbronzo perché dentro quel bar ne sono successe di tutti i colori. Era un luogo poco raccomandabile. Circa a metà estate il proprietario del locale aveva sparato ad un cliente per una banale lite e, in un altro episodio, un ragazzo aveva picchiato violentemente la sua fidanzata.

Erano le due di notte.
Terry parcheggiò la sua auto davanti al portone della mia vicina e cominciò a dar spettacolo.
Si sedette per terra e iniziò a cantare a squarciagola, dicendo di essere ubriaco e di aver bevuto troppo.
Poi, dopo questo bel concerto, si mise a ballare per la strada, mandando a quel paese un ragazzo che stava transitando nella via.
Non potendone più, mia mamma venne alla finestra per capire cosa stava succedendo e rimase sbalordita: Terry era sdraiato in mezzo alla strada. Era come se stesse osservando attentamente il cielo animato di stelle.
Mia madre, intanto, ritornò nel letto, si mise il cuscino sopra la testa e riprese a dormire. Io invece rimasi a godermi la scena.
Ad un certo punto sentii un rumore, come il motore di un'automobile. In effetti, stava arrivando una macchina ma, si accorse immediatamente dell'uomo. Scese dall'auto una signora sulla cinquantina e convinse Terry a salire per poi riportarlo a casa. Che fosse sua moglie?
Fatto sta che di Terry Lennox non ne sentii più parlare, più nessuna traccia.

lunedì 9 settembre 2013

Il Terribile.

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers".

domenica 8 settembre 2013

Aiuto

La notte del trenta agosto 2039 un'ondata di caldo eccezionale soffocava gli Stati Uniti. Il termometro a New York segnò quarantadue gradi; a mezzanotte tutte le docce della città emisero un ululato di agonia, e il rantolo delle tubature annunciò che l'erogazione di acqua era sospesa fino alle otto di mattina.

sabato 7 settembre 2013

SOGNI INFRANTI

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del "Dancers.

La super maestra

Scritto da Alessia Rossi

A vederla luccicare tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa piena zeppa di bambini- bambine, nella fattispecie- sembrava venir fuori da una di quelle scene di famiglie felici che, appena possono, i pubblicitari infilano nei loro filmati; si sentiva un gran baccano e le grida dei bambini soffocavano quelle della maestra. Erano partiti dall'asilo e avrebbero trascorso una giornata felice al Trebbia.
Non avendo altri mezzi, avevano dovuto usare la macchina della maestra anche se era molto piccola per contenere tutti quei bambini.
"Su bimbi" disse la maestra " se ci stringiamo un po' ci stiamo tutti". Ci volle circa un quarto d'ora per sistemarli tutti, ma riuscirono a partire verso il fiume. Per fortuna che il tragitto fu breve, perché tutti i bambini si stavano lamentando: " Ahi, lui mi ha fatto male", "Anna, non spingermi", "Io voglio stare vicino a Sabrina", " Siamo arrivati???"... " Dai bimbi basta che siamo arrivati". Era vero. Il corso del Trebbia era proprio davanti a loro; era uno spettacolo stupendo: c'erano alberi e piccoli arbusti sulla riva del fiume e c'erano alcune persone che facevano rafting. La maestra da piccola ci andava spesso con i suoi genitori e così aveva deciso di portarci anche i suoi bimbi. Appena poco più avanti c'era un'enorme distesa d'erba con tantissimi fiori gialli, e la maestra decise di "accamparsi" lì.
Cominciò a stendere i salviettoni e a tirare fuori alcuni giochi da fare insieme ai bambini.
La mattina passò tranquilla; verso 12.30, cominciarono a mangiare e un'ora dopo, i bimbi si coricarono per il sonnellino e la maestra esausta si mise vicino a loro. Si sforzò di non dormire, ma il sonno la prevalse. Mentre stava ancora dormendo, due bambini si svegliarono e si allontanarono dagli altri e presero la stradina che andava verso il fiume.
Credendo di essere nella loro vasca da bagno con il sapone e le paperelle, si tuffarono in acqua e cominciarono a schizzarsi tra di loro. Nel frattempo,alcuni bambini li avevano visti allontanarsi e andarono subito ad avvisare la maestra che stava ancora dormendo. Quand'ebbe udito la storia dei bambini, si precipitò al fiume, convinta fossero andati lì, e non si sbagliava: i due bimbi erano in mezzo al fiume e vicino a loro c'era un mulinello.
Senza pensarci due volte, la maestra si tuffò e con poca fatica riuscì a recuperarli. Dopo averli portati a riva,  li asciugò e cominciarono a prepararsi per tornare a casa.
Arrivati all'asilo, i genitori erano tutti lì ad aspettarli, compresi quelli dei bambini caduti in acqua. La maestra si avvicinò a loro e gli disse che c'era stato un piccolo incidente, ma che tutto si era risolto con un piccolo bagnetto. Salutò bambini e genitori e tornò a casa esausta.

LO SCRITTORE MUSICISTA

  1. In alcune province si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi; in queste case vi sono forse qualche volta e il silenzio del chiostro, e l'aridità delle lande, e le rovine...ed è in un posto come questo che Andrea passa le sue "vacanze di lavoro".

venerdì 6 settembre 2013

La tristezza di Alex

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice, ma in modo distaccato come se la sua vita appartenesse- sensazione fin troppo tipica e cruda- a qualcun'altro.
Era un uomo sulla settantina che viveva in un piccolo paesino di montagna.
Alex aveva avuto un'infanzia dura: a 6 anni sua madre morì a causa di un tumore. I dottori,a quel tempo, non avevano le cure mediche necessarie per salvarla, così lo lasciò solo con la sorellina Maria perché il padre era scappato di casa pochi giorni prima che lei morisse.
Cominciò a lavorare nei campi come agricoltore all'età di quindici anni. Faticava dieci ore al giorno per portare a casa il denaro necessario per far mangiare lui e Maria.
Ben presto, però, una famiglia benestante li adottò e la sua vita cambiò radicalmente.
A 18 anni conobbe Clara, una ragazza della sua età che lavorava nella panetteria del padre.
Si innamorarono,cominciarono a frequentarsi e a 25 anni si sposarono.
Clara, dopo il matrimonio, smise di lavorare da suo padre e, insieme a suo marito, aprirono un negozio di abbigliamento.
Pochi anni dopo ebbero un figlio, Luca, un bel bambino biondo con gli occhi azzurri, il ritratto identico di suo papà. Diventato grande, si laureò in lingue e andò a lavorare in Inghilterra in una prestigiosa scuola di Londra, una bella soddisfazione per Alex e Clara.
Ma, nel febbraio del 2010, il padre venne a sapere che Luca ebbe un incidente stradale mentre si stava recando a lavoro e morì sul colpo. Dal dispiacere, Clara impazzì e suo marito fu costretto a portarla in una casa di cura.
Nella sua mente la sua vita finì proprio quel febbraio. Era accaduto tutto così velocemente che non sembrava neanche che un dolore così grande fosse toccato a lui.

Amare: sempre e comunque

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex si sentiva profondamente infelice ma un modo distaccato come se la sua vita appartenesse-sensazione fin troppo tipica e cruda ne convengo-a qualcun altro e come se lui fosse solo un robot telecomandato.

Un tesoro di ricordi

Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni...

É da poco che sono tornato a vivere nella casa della mia infanzia.

giovedì 5 settembre 2013

IL RICORDO DI UN FRATELLO

  1. Il mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo non mi lasciava mai in pace a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni di ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa parlasse, ma per calmarlo facevo quella funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello minore.

mercoledì 4 settembre 2013

Ricordi quando...

L'altro giorno, esaminando le mie carte, ho trovato nello scrittoio la copia di una lettera, spedita da circa un anno ad un vecchio compagno di scuola:…

la meravigliosa casa abbandonata

di Ilaria Pini

In alcune province si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri più tetri, delle lande più desolate, delle rovine più tristi;

le tre pesti

di Ilaria Pini


A vederla luccicare  tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa  piena zeppa di bambini-bambine

martedì 3 settembre 2013

"CARO AMICO "

  1. L'altro giorno, esaminando le mie carte, ho trovato nello scrittoio la copia di una lettera, spedita da circa un anno ad un vecchio compagno di scuola che diceva così:

lunedì 2 settembre 2013

Il mondo dello spettacolo


A vederla luccicare tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa piena zeppa di bambini - bambine, nella fattispecie - sembrava venir fuori da una di quelle scene di famiglie felici che, appena possono, i pubblicitari infilano nei loro filmati per far sembrare la vita tutte rose e fiori.
guardate nelle news un ricordo da prof. Marzi

domenica 1 settembre 2013

Svuotata


La notte del trenta agosto 2039 un'ondata di caldo eccezionale soffocava gli Stati Uniti. Il termometro a New York segnò quarantadue gradi; a mezzanotte tutte le docce della città emisero un ululato di agonia, e il rantolo delle tubature annunciò che l'erogazione di acqua era sospesa fino alle otto di mattina.

La mia prima casa


Mi sento sempre attratta dai posti dove sono vissuta, le case e i loro dintorni… Mi ricorda quando giocavo con le mie amichette. In ogni nuova casa in cui andavo ad abitare, avevo sempre delle amichette.